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Affinità grafiche tra lettere e disegno
di Vilma Torselli
pubblicato il 24/04/2007
Scrittura per ideogrammi e scrittura alfabetica, due mondi culturali diversi e distanti.
Lo sviluppo delle civiltà è legato a quello della loro scrittura e, citando Havelock, si può affermare che il passaggio dalla comunicazione orale alla parola scritta ne sia l'elemento determinante.
I rapporti fra arte visiva e scrittura sono assai stretti, la parola scritta nasce in effetti come opera grafica, tale rimasta in quelle culture che ancora oggi si esprimono per ideogrammi. Secondo la tradizione orientale, i giovani vengono infatti iniziati all'uso della china e alla gestualità del pennello sulla carta di riso per eseguire rapidamente gli ideogrammi come fossero veri e propri dipinti, di getto, non premeditati, frutto di uno sfogo spontaneo: non siamo distanti dalla metodologia dell'action painting di Pollock, non a caso appassionato di discipline orientali.
Tralascio, non essendo questa la sede opportuna, l'analisi peraltro assai complessa delle varie forme di scrittura figurata, la scrittura geroglifica, quella cuneiforme, i pittogrammi e tutte quelle forme grafiche che costituiscono un mezzo di comunicazione per immagini del pensiero concettuale e che presso i vari popoli, non necessariamente primitivi, sostituiscono l'uso della scrittura alfabetica, non di rado assumendo anche un significato simbolico, rituale e magico.

La scrittura alfabetica, ricordando che la parola alfabeto è di origine greca, essendo alpha e beta le prime due lettere dell'alfabeto stesso, fu dai Fenici insegnata ai Greci ed è il prodotto della mente logica dell'occidente (non casualmente la filosofia è nata presso i popoli che possedevano un sistema alfabetico), in contrasto con la mentalità orientale (cinese, giapponese, indiana), a indirizzo contemplativo, che ha utilizzato ed ancora in parte utilizza una scrittura ideografica, dove ogni segno corrisponde ad un concetto complesso ed articolato: diversamente da ciò, la scrittura alfabetica lega un segno ad un suono, permettendo di scrivere assemblando i segni tra loro e leggere assemblando i suoni, per esplicitare concetti astratti che poi la mente elabora in immagini e rappresentazioni.

E' indubbio che la scrittura per ideogrammi abbia in sè potenziali di espressività artistica del tutto impossibili per la scrittura alfabetica, tanto che la complicata struttura dei caratteri per esempio cinesi e la varietà dei tratti di pennello che possono essere usati, offrendo una maggior libertà di espressione rispetto alla calligrafia occidentale, hanno permesso lo sviluppo di una vera e proprie arte, Shodo ("l'arte del momento"), semplice, diretta, essenziale, che si avvale di due soli colori, il bianco della carta ed il nero dell'inchiostro e che dà vita al segno in un tempo brevissimo.

L'ideogramma cinese è stato grande fonte di ispirazione per numerosi artisti moderni, fra i quali molti appartenenti all'Espressionismo astratto americano: Franz Kline, che con sobrie pennellate risolte secondo il senso di una disposizione spaziale, chiama la tela, a tratti lasciata bianca, a far parte dell'opera con un effetto di potente grafismo, Mark Tobey, nelle cui opere i segni pittorici diventano grafemi di una scrittura visiva immediata e incisiva, risposta al clima creativo dell'epoca che sarebbe sfociato nell'arte informale, Adolf Gottlieb che sviluppa un suo linguaggio affine all'action painting rivisitato attraverso i presupposti meditativi e contemplativi della Scuola del Pacifico.

In Europa, se Joan Mirò introduce nelle sue composizioni segni dichiaratamente derivati dagli ideogrammi cinesi e l'italiano Giuseppe Capogrossi, negli anni del dopoguerra, compie interessanti ricerche sul segno che lo affermeranno come uno dei maggiori esponenti dell’Informale in campo internazionale, in generale l'ambiente culturale non nutre grande interesse verso il significato calligrafico della parola, fatta eccezione per un movimento culturale di impronta espressionista astratta, il tachisme, di cui il massimo rappresentante, Pierre Soulages, produce opere di ispirazione segnica che possono ricordare Kline.
In generale, l'Europa si indirizza su strade più consone alla tradizione culturale di matrice occidentale, utilizzando la parola per il suo significato sia grafico che semantico.
La via è quella tracciata da Vassilij Kandinskij, per una visione globale dell'esperienza estetica, e se la musica o la parola coinvolgono l'udito e l'arte visiva impegna la vista, la simultaneità delle due esperienze permette di unire l'interiorità con l'esteriorità, la spiritualità con la materialità, in una sfida che percorre trasversalmente tutti i movimenti avanguardisti europei che vogliono confrontarsi con la parola e superare il calligrafismo puramente estetizzante, in modo che la parola si faccia immagine e l'immagine parli.
Il poeta Marinetti, estensore del manifesto del Futurismo, realizza composizioni miste, a china su carta, dove disegno e scrittura si intersecano, con una concezione visiva del testo grafico-letterario, trasmettendo il suo innovativo concetto di "Parole in libertà" al mondo culturale russo, con il quale ebbe intensi contatti. Gli artisti russi arricchiscono il contenuto visivo introducendo nelle composizioni grafiche anche il colore, realizzando così opere di perfetta simbiosi tra pittura e poesia, come fà Vladimir Majakovskij, che "dipinge" intere poesie.
Guillaume Apollinaire, teorico del Cubismo, poeta ed artista, ha voluto usare le possibilità figurative della parola in senso simbolico (affermando: "Et moi aussi je suis peintre"), realizzando, nel 1918, i "Calligrammes", termine da lui stesso coniato per definire le sue composizioni poetiche dipinte che si riconnettono alla tradizione antica dei "carmina figurata".
Il testo diventa così una specie di spartito, di traccia, ridotto a composizione grafica che integra in modo "totale" il segno linguistico, aggiungendo alla grammaticità del segno aspetti non-linguistici, fuori contesto, secondo il dettato futurista.

Alexander Rodchenko, figura di spicco del panorama artistico del primo Novecento, ha fortemente contribuito alla creazione di una nuova arte in Russia, diffondendo un concetto di arte oggettiva e impersonale, priva di qualsiasi connotazione metafisica e spirituale, realizzando opere improntate allo "zaum", o transmentalismo, che cercano di stabilire un rapporto di correlazione tra il significato della parola ed il suo suono, in una versione del simultaneismo in forma molto più complessa e sofisticata.
Francis Picabia compone complicati disegni-scritti nei quali il testo viene disarticolato, ristrutturato e trasformato in un giocoso non-sense, con ammiccamenti al Surrealismo, al Dadaismo di Duchamp, ai calligrammi di Apollinaire, elaborando una sua sintesi personale tra Cubismo e Fauvismo.
Alexander Calder, noto soprattutto per aver inventato i mobiles, sculture cinetiche nelle quali, grazie ad un sistema di snodi ed agganci, viene inserito il movimento, persegue effetti di grafismo spaziale leggero ed essenziale che ricorda da vicino l'impronta segnica di certe opere di Mirò ed è forse l'artista che più di ogni altro ha ottenuto questo tipo di risultato in scultura.
Avvicinandoci all'arte contemporanea, si attenua il carattere segnico della parola, che però non cessa mai di esercitare il suo fascino sull'arte visiva per le sottili affinità che legano questi due modi dell'espressione umana, anche se nel tempo la loro maniera di rapportarsi cambia e si evolve.
Costas Tsoclis, ecclettico artista greco, con narcisismo disarmante e gioioso scrive in rosso il suo nome sul quadro, proiettandolo fuori dalla tela bidimensionale con un inquietante sgocciolamento simile a sangue, dilatando il suo io nello spazio antistante ed aspirando alla tridimensionalità.
Dalla Pop Art in poi, fino a giungere agli artisti di oggi, la parola si emancipa dalla strumentalizzazione compiuta dal pittore avanguardista in chiave estetizzante, acquista una autonomia assoluta, si presenta per quello che è, lettera, segno, con un suo significato intrinseco, raggiunge con il segno puramente grafico un rapporto paritario.
Quando Andy Warhol, personalità di gran lunga più enigmatica ed innovativa di quanto possa sembrare, dipinge la sua Campbell Soup, ciò che domina e costituisce la consistenza formale e cromatica dell'insieme sono le scritte, ampie, ben definite, centrali, tema, immagine e titolo della rappresentazione.
In altri casi, come nelle gigantografie desunte dalle strisce di Dick Tracy, le scritte compaiono come parte dello sfondo, senza particolare risalto, come una presenza che pare venga data per scontata, appartenente alla quotidianità banalizzata che l'artista ci vuole proporre.
Roy Lichtenstein è un artista molto raffinato che ha scelto di esprimersi in modo ironico e talvolta paradossale: la sua attenzione al fumetto denuncia immediatamente un interesse per la parola scritta, che verrà costantemente inserita come parte essenziale in molte delle composizioni che egli realizza, utilizzando il tipico stile da fumetto con tutte le sue convenzioni (i contorni neri, la retinatura di punti) seppure con notevoli differenze, dichiarando:"...Le tecniche che io adopero non sono commerciali, ne hanno solo l'apparenza: e i modi di vedere, comporre e unificare sono diversi e hanno fini diversi."
E proprio nei suoi quadri derivati da fumetti, Lichtenstein raggiunge i migliori risultati di monumentalità tradizionale, di potenza espressiva popolare, superando un suo sostanziale atteggiamento elitario nei confronti dell'arte che lo ha reso spesso maniacalmente ossessionato dalle sue stesse teorie.
Tra i pittori che hanno operato ai margini della Pop Art, con caratteristiche personali non tipiche, Larry Rivers è particolarmente interessante per il tocco sciolto della pennellata ed il virtuosistico cromatismo con i quali dipinge parafrasi di imballaggi commerciali e una serie intitolata "Le parti del corpo", nella quale esplora la possibilità di abbinare a figure o teste caratteri grezzi riprodotti con uno stampino, con effetti di sorprendente gradevolezza nella elementarità ripetitiva di un motivo estremamente semplice.
Tra gli italiani, anche Mimmo Rotella gioca con le parole, introducendo brani o frasi allusive nei suoi collages realizzati con stralci di manifesti, articolando così un suo discorso pop cui farà seguito, in chiave provocatoria, la serie dei doppi decollages, manifesti strappati dai muri della città, ricomposti sulla tela e poi di nuovo strappati.
A conferma del suo interesse per la parola, va ricordato che Rotella inventa la poesia fonetica, metodo espressivo alternativo, detta dallo stesso 'epistaltíca' (un neologismo privo di senso): un insieme di parole, anche inventate, di fischi, suoni, numeri e iterazioni onomatopeiche.

Molto sinteticamente, è questo l'uso che gli artisti hanno fatto e fanno della parola nelle opere che, con termine quindi riduttivo, si dovrebbero dire visive, ma che in realtà coinvolgono nella fruizione ben più della vista, scoprendo un percorso che, a partire dagli anni del Concettualismo ('60, '70) abbandona l’approccio alla parola in termini prevalentemente grafici e pittorici, tipici delle avanguardie del ‘900, ed esclude in modo più o meno radicale le componenti estetiche per privilegiare l'espressione diretta, per esempio con l’uso della moderna tecnica del messaggio pubblicitario.
Con l'avvento della video-art e della poesia video-visiva sarà inevitabile che la parola regredisca all'oralità, diventi parola "detta", per una sorta di ritorno alle origini, recuperando l'uso del rumore, del suono pre-significante, in una sostanziale circolarità tra tutte le forme d'arte che, come dice Kandinskij, percepiamo, a nostra stessa insaputa, attraverso tutti i cinque sensi di cui disponiamo.


*articolo aggiornato il 3/3/2012

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