| Afferma infatti in una recente intervista 
                  "Sono profondamente contrario, (quindi non l'ho mai 
                  applicato), al termine decostruttivismo, soprattutto riferito 
                  ai mie progetti; sono i critici ad usarlo
 ", 
                  e denuncia scopertamente l'insofferenza ed il timore di essere 
                  etichettato, lui come intellettuale o decostruttivista o genio 
                  o profeta, i suoi lavori come architettura "eisenmaniana". 
                   La sua opera si intreccia in complessi rapporti con la geometria, 
                    la matematica, la fisica, la logica, con la storia dell'architettura 
                    e dell'arte non solo recente, Borromini, Guarini, Mies, Balla, 
                    il Futurismo, Marcel Duchamp, imprescindibile personaggio 
                    nodale per la cultura moderna. 
                    Eisenman riconosce il suo lavoro "affine a quello di 
                    Duchamp, che svelava l'aspetto "repressivo" dell'arte" 
                    e che, come Eisenman, si rifiutava di essere mummificato in 
                    uno stile, conscio che il punto debole, la trappola in cui 
                    cadevano le avanguardie del '900 era la pretesa di teorizzare 
                    contro le teorie, costruendo una teoria della non-teoria, 
                    o uno stile del non-stile (cos'altro è diventato per 
                    la critica popolare il decostruttivismo?): per questo, come Duchamp, ha cercato di 
                    trasmettere non regole o programmi, ma un modo di pensare, 
                    di vivere, di vedere il mondo, un modo disinibito di guardare 
                    la realtà con la capacità di decontestualizzarla per riuscire a vedere in un orinatoio una fontana. 
                     
                    Eisenman applica a modo suo il ready-made duchampiano e cerca 
                    per la storia e per l'architettura altri significati, altre 
                    interpretazioni possibili dove lo spazio perde le sue canoniche 
                    certezze formali di spazio antropocentrico costruito dall'uomo 
                    per l'uomo, e si rapporta ad un nuovo sistema di valori e 
                    controvalori, divenendo ambito spazio-temporale di un nuovo 
                    universo visivo.  
                     
                    Eisenman dichiara: "il processo di decontestualizzazione 
                    è costante e bisogna continuamente cercare le complessità 
                    imprigionate dai tentativi di codificare, semplificare, spiegare. 
                    Penso che dovremmo tendere a rendere le cose meno comprensibili, 
                    ecco ciò che conta per me".  
                    Lo spazio cessa di sottostare al rigore cartesiano che attribuisce 
                    agli oggetti confini e posizioni precise ed immutabili in 
                    un'organizzazione rigida, per divenire spazio dell'evoluzione, 
                    nel quale la forma si definisce e si trasforma assecondando 
                    il mutevole sviluppo del pensiero e della tecnologia: Eisenman 
                    fa discendere infatti ogni cambiamento in senso evolutivo 
                    da cambiamenti culturali, tecnologici o di costume, dalle 
                    "Leggi del pensiero", per una visione globale del 
                    comportamento umano in tutte le sue manifestazioni, compresa 
                    l'architettura. 
                    La quale non mira ad esprimersi secondo una oggettività 
                    logica ma secondo una coerenza ontologica, che è più 
                    interessata alla narrazione (Eisenman parla di "tempo 
                    narrativo") che al contenuto del racconto, che è 
                    sempre più vicina alla scultura, in modo evidente nelle 
                    opere di un altro decostruttivista, Frank O. Gehry, sempre 
                    più nelle ultime opere di Eisenman.  
                    Ciò induce a parlare di architettura concettuale, forma 
                    che segue una esercitazione mentale di impronta artistica 
                    svincolata dalla logica procedurale e dal risultato finale, 
                    e se l'arte concettuale è stata definita da qualcuno 
                    l'arte che può fare a meno dell'opera d'arte, l'architettura 
                    di Eisenman può fare a meno dell'architettura, ciò 
                    che conta è il processo, l'oggetto architettonico è 
                    tramite per formalizzare il processo ideativo, e non il suo 
                    fine. 
                     
                    Eisenman parte alla ricerca di nuovi itinerari creativi, di 
                    una nuova geometria della forma e dello spazio, esplora le 
                    possibilità espressive della geometria non euclidea, 
                    delle spirali del DNA, indaga le teorie atomistiche di Leibnitz, 
                    quelle di Mandelbriot sulla matematica dei frattali, figure 
                    geometriche che all'ingrandimento rivelano indefinitamente 
                    sempre nuovi dettagli, in cui ogni piccola parte possiede 
                    una struttura molto simile a quella dell'insieme, figure molto 
                    adatte ad esprimere graficamente i fenomeni della natura apparentemente 
                    caotici secondo un modello matematico legato ad un nuovo concetto 
                    di dimensione. 
                     
                    E' la ricerca di un'organicità intrinseca, di una formula unificatrice  che la scienza rincorre da tempo, di un principio 
                    genetico generale che riguarda la forma architettonica,  quella macroscopica 
                    così come quella microscopica di ogni infinitesimo elemento strutturale  
                    della materia che la compone, cosicché i particolari 
                    e l'insieme della realizzazione architettonica, definiti ogni 
                    volta secondo ciò che l'oggetto rappresenta, saranno 
                    frutto di una progettazione diagrammatica che si snoda nel 
                    tempo, oltre che nello spazio, unici ed irripetibili nella 
                    apparente casualità compositiva di una forma in divenire. 
                     
                    Destabilizzando il concetto di progettazione come fase programmatica 
                    conclusa antecedente all'esecuzione, nel segno di quello che 
                    potremmo definire evoluzionismo progettuale, Eisenman pensa 
                    in termini probabilistici, anziché deterministici, 
                    superando i limiti posti dalla rappresentazione di un'idea 
                    a beneficio della rappresentazione del suo sviluppo in possibili 
                    direzioni (un richiamo alla fisica quantistica?). 
                  E' questo il punto più ostico della teoria procedurale 
                    di Eisenman, capire come possa una "poetica" della 
                    trasformazione generare una forma che, necessariamente conclusa, 
                    porti leggibili segni della sua genesi, della legge che la 
                    determina, del suo processo formativo di crescita, di una 
                    dinamica autogenerativa che possa essere ricostruita in ogni 
                    momento ed in ogni suo particolare. 
                  E' curioso rilevare come tutto ciò possa coinvolgere 
                    in modo parallelo l'opera di un architetto-scienziato e di 
                    un pittore espressionista, Peter Eisenman e Jackson Pollock, 
                    confronto forse azzardato o solo inedito di genio e sregolatezza, 
                    entrambi concordi nell'abolire il concetto di centralità, 
                    che in architettura ha sempre posto l'uomo al centro dell'atto 
                    progettuale secondo una vocazione umanistica tipicamente occidentale, 
                    che in pittura ha sempre determinato il punto di vista, la 
                    direzione di osservazione dell'immagine (varrebbe la pena 
                    di ricordare anche Cezanne, che, anticipando il Cubismo, elimina 
                    il punto di vista unico per una visione con diversi punti 
                    di fuga, sovvertendo la prospettiva).  
                    In Eisenman è l'energia del processo formativo nel 
                    suo avvenire, non il coagulo finale attorno ad un tema centrale, 
                    che dà significato ai singoli elementi, di per sé 
                    inattivi, in Pollock ogni segno, in sé privo di riferimenti 
                    figurativi, acquista espressività grazie l'action painting nell'immersione in quel grandioso campo di forze che è 
                    la tela, superficie isotropa, indifferenziata, senza verso 
                    e senza centro, espressione di un'emozione che, raccontata 
                    nel momento in cui si forma, introduce nel dipinto il concetto 
                    di durata nel tempo.  
                     
                    Uno spazio architettonico che prende forma attraverso una 
                    sequenza di approssimazioni successive, una pittura senza 
                    progetto che prende vita dalla gestualità casuale del 
                    movimento pendolare (frattalico) del dripping in una sistematica 
                    sovrapposizione di linea dopo linea sulla tela posta a terra: 
                    in entrambi i casi, nel risultato finale è ripercorribile 
                    in senso contrario il processo generativo che lo ha prodotto 
                    per successive trasformazioni e stratificazioni.  
                  Attraverso la geometria dei frattali, modelli matematici 
                    fondamentali per l'indagine e lo studio della teoria del caos, 
                    entrambi, l'uno per preciso assunto intellettuale, l'altro 
                    per orientamento istintivo, muovono alla ricerca di quell'idea 
                    del mondo che sta come archetipo nella mente collettiva e 
                    determina la percezione della "bellezza" di una 
                    forma o di un'opera d'arte (la struttura frattalica sarebbe 
                    la ragione che spiegherebbe la gradevolezza ed il successo 
                    dei quadri di Pollock).  
                    Nelle leggi dell'universo, ancora in gran parte ignote, nell'insondata 
                    profondità dei ritmi della natura si attua forse la 
                    sintesi finale tra istinto e ragione, tra arte e scienza perché, 
                    per usare le parole di John Banville, critico ed autore di 
                    romanzi a sfondo scientifico, "at a certain, essential 
                    level, art and science are so nearly like each other as to 
                    be indistinguishable".  
                  *articolo aggiornato il 9/04/2012 
                  link: 
                      Arte e Decostruttivismo 
                    I frattali di Jackson Pollock 
                   |