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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.

Francis Bacon, "Studio dal ritratto di Innocenzo X"
di Vilma Torselli
pubblicato il 27/04/2007
La tragedia della vita nella deformazione mostruosa della figura, espressione di un'angoscia esistenziale di origine esogena.
Francis Bacon (1909-1996) è senza dubbio l'ultimo fra i grandi pittori del Novecento che dimostrino una carica romantica, un gusto per la tragedia di radice epica, alla Caravaggio, alla Mantegna, per citare solo alcuni dei grandi del passato a cui egli si può emotivamente rapportare, oltre ad antichi maestri quali Velasquez e Rembrandt, il tutto mediato da richiami espressionisti attraverso Soutine, Van Gogh, Munch e riferimenti, seppure più superficiali, al Surrealismo di Ernst e a Picasso.

Nonostante questa complessa tessitura di riferimenti, Bacon resta un isolato nel panorama artistico del periodo seguente alla seconda guerra mondiale, esperienza tragica che, assieme al suicidio del suo amante e modello George Dyer, segna in modo molto incisivo tutta la sua poetica: comunque la linea maestra dello sviluppo dell'arte europea del dopoguerra non passa attraverso di lui, anche se è certo che pochi, come lui, hanno avuto il coraggio di guardare in faccia la vita, la fisicità, la carne, la morte, giungendo a rappresentazioni di una angosciata trasfigurazione che lo rendono interprete perfetto, come nessun altro, delle inquetudini e dei drammi di un'intera epoca.

Tema centrale delle sue opere è la figura umana, che subisce un graduale processo di dissolvenza e dilatazione, di deformazione e distorsione, senz'altro in chiave espressionista, ma con una differenza fondamentale: diversamente da quanto avviene per l'artista espressionista che rappresenta una sofferenza endogena che viene dalla sua interiorità, la disperazione e l'angoscia dei corpi mostruosamente contorti di Bacon è di origine esogena, deriva dal confronto con la potenza distruttrice di una realtà spietata, un mondo devastato dalla guerra, dalla fame, dai massacri, sul quale egli riflette, raffigurando tragicamente la sconfitta di ogni progetto razionalista, della solidarietà, della coralità umana, il trionfo degli egoismi individuali.
E' un mondo di individui straziati, quasi dei mutanti, creature infernali senza via d'uscita e senza speranza, prigionieri disumanizzati nei quali anche l'anima sembra sia stata annullata dall'atrocità della sofferenza.

Gli inferni interiori, i drammi esistenziali dei personaggi di Bacon sono espressioni fortemente empatiche del disagio dell'epoca che egli rappresenta, non scevri, tuttavia, da una certa componente retorica, la retorica della sofferenza, una sorta di compiacimento masochistico e sadico nella rappresentazione di una sofferenza espressa con tanta convinzione, sensazione accentuata dalla raffinatezza formale di una tecnica pittorica estremamente attenta al risultato estetico, molto calcolata e pensata, in apparente contraddizione con l'irruenza della narrazione.

In realtà Bacon può essere considerato un "grande classico" dell’arte del '900, per la impeccabile sapienza stilistica e compositiva, per la ricercata gamma cromatica che spazia dai viola acidi ai rosa violenti agli arancio vivaci, su sfondi magmatici e cupi, mentre le forme convulse dei corpi contorti si confondono e si sfaldano nello spazio vuoto che le circonda e nel quale paiono galleggiare: è una rappresentazione terrificante della realtà organica, di macabra sensualità.
Il dipinto di Velasquez a cui Bacon si rifà per questo "Studio dal ritratto di Papa Innocenzo X di Velazquez" del 1953 è in assoluto uno dei capolavori della ritrattistica del XVII secolo, tutto giocato sui difficili accordi e contrasti dei vari toni del rosso, con un "un effetto così terribile, così forte e così armonioso insieme, che gran disgrazia è per tutti i quadri, che vi si trovano all'intorno", come scrive nel 1794 Salvatore Tonci.
Il quadro che ne deriva, che con molte altre opere di Bacon ha contribuito in modo determinante ad ampliare la tradizione ritrattistica dell'occidente, è una sua rielaborazione molto personale ed è stato per l'artista il mezzo su cui studiare il graduale processo di deformazione della figura umana.
Diego Velazquez
Ritratto di papa Innocenzo X
L'esasperata sensibilità di Bacon interviene con irruenza tutta espressionista nella trasformazione del ritratto, deformando e trasfigurando la figura, fissata in una espressione sconvolta, emergente da un fondo gelatinoso, violentata, schiacciata, sviscerata fino a estrarne l'inquieta spiritualità, fino a farne l'immagine sgradevole, spiacevole e terrificante di un'interiore angoscia che riflette ed amplifica la crudeltà del devastato mondo che la circonda.

E' comunque evidente il ricordo ed il richiamo alle esperienze pittoriche classiche precedenti, conservati soprattutto nella struttura generale dell'immagine, a testimonianza di un rigore culturale ed intellettuale che sopravvive, in Bacon, alla violenza espressiva e che ne fà, con Giacometti, il caposcuola di una "nuova figurazione", di carattere esistenziale.

DE ARCHITECTURA
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