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Icone del '900: la Wassilij Chair di Marcel Breuer
di Vilma Torselli
pubblicato il 7/09/2016
"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi." (Marcel Proust)
Prodotta nel 1926 dalla ditta di Berlino Standard Möbel Lengyel & Co., che nel 1929 verrà assorbita dalla Thonet, la Wassilij Chair di Marcel Breuer (1902-1981), nota anche come Model B3, compie quest'anno novant'anni.

La struttura tubolare di acciaio nichelato piegato a freddo di questa seduta che rappresenta una svolta epocale nel campo del design nasce nel 1925 dall'idea di uno studente della Bauhaus, allievo prediletto di Walter Gropius, che già l'anno seguente, alla sua giovane età, produrrà il suo progetto e diventerà insegnante e direttore dei laboratori di falegnameria della nuova sede di Dessau.
Il giovane Breuer è affascinato dalla funzionalità, l'ergonomicità e la stabilità del manubrio della sua nuova bicicletta Adler, un tubolare di acciaio in pezzo unico piegato a freddo senza saldature con un processo da poco inventato dai fratelli Reinhard e Max Mannesmann, magnati tedeschi dell'acciaio, grazie al quale i tubi acquisiscono grande resistenza al carico e allo sforzo: per il brillante studente di design, da lì a pensare che lo stesso sistema si possa applicare con le stesse performances anche ai mobili il passo è breve.

Ma la Adler (Adlerwerke vorm. H. Kleyer AG), con la sua linea di produzione di biciclette, motociclette ed automobili, settori nei quali è leader, non si mostra interessata alla possibilità di inserirvi anche i mobili, tuttavia ciò non scoraggia Breuer che, facendo di necessità virtù, realizza in proprio il prototipo della sua seduta comprando il materiale direttamente dalla Mannesmann ed avvalendosi per la piegatura e l'assemblaggio dell'aiuto di un idraulico, categoria che per mestiere di tubi se ne intende!
Sfruttando la resistenza del materiale che gli permette l'impiego di sezioni molto ridotte, Breuer realizza una seduta di grande leggerezza, la scocca smaterializzata dalla brillantezza della nichelatura, la parte tessile (braccioli, seduta e schienale) in grado di garantire il comfort ottimale senza molle né imbottiture, semplicemente tendendo robuste strisce di tessuto (la scelta finale sarà per l'Eisengarn, in cotone trattato a cera) e ancorandole alla struttura portante.

Da subito, in una mostra personale tenuta da Breuer nel 1926 alla Kunsthalle di Dresda, la B3 viene acclamata come un capolavoro, l'idea è partita ed è libera di volare, Breuer fonderà una sua società di produzione, la Standard Möbel, in seguito il progetto originario subirà varianti e miglioramenti nella struttura, il tessuto di rivestimento cambierà per diventare sempre più resistente, ciò che pareva il geniale colpo d'ala di uno studente sognatore diventa un punto cardine nella storia del design mondiale ed oggi, a novant'anni compiuti, la B3 è tutt'ora in produzione per Knoll International.
Altrettanto successo ottiene il Model B32, la sedia Cesca, progettata nel 1928, dove Breuer pare mettere alla prova la sperimentazione della B3 riducendo all'essenziale, con esiti estremi di pulizia e leggerezza, il sistema costruttivo in tubolare d'acciaio, qui audacemente accostato al legno curvato e all'incannicciatura in paglia di Vienna.

Non è chiaro quando e perché la B3 venne chiamata Wassilij Chair, forse in omaggio a Wassilij Kandinskij, che fu maestro di Breuer alla Bauhaus e che per primo colse la portata della rivoluzione che rappresentava quel progetto, forse perché Kandinskij fu il primo 'cliente' che volle la B3 in casa propria, forse perché Kandinskij, che dipingeva da seduto, chiese all'allievo di progettare per lui una seduta comoda……. comunque sia andata, l'insegnamento che emerge da questo racconto a lieto fine è l'importanza di saper guardare alle esperienze della vita con sguardo vergine, non chiedendosi “che fare di nuovo”, ma “che fare con quel che abbiamo a disposizione”, avendo fiducia non solo nella propria originalità e creatività ma anche nella consapevolezza che nulla ha un senso definitivo, che i significati non sono immutabili, che tutto può essere reinventato al passo con l'evoluzione sia tecnologica della produzione sia culturale degli utilizzatori finali.

E' ciò che fa Breuer, sdoganando l'idea che i mobili metallici non debbano riguardare solo gli ospedali o i sedili degli aerei e delle auto, ma possano entrare nell'arredo residenziale e pubblico, nelle scuole, negli uffici, perché, alla Bauhaus, progettare vuol dire anche disimparare i modelli accademici e sperimentare senza preconcetti modelli operativi nati in altri ambiti, attuando quella sorta di appropriazione, di reinterpretazione grazie alla quale un giovane studente un giorno guardò il manubrio di una bicicletta e vide una poltrona.

link:
Sessant'anni e non sentirli!
Quarant'anni dalla morte di Alvar Aalto
Remix
Appropriation Art o Citazionismo
La poltrona Barcelona di Mies van der Rohe
Frank O. Gehry, "Bubbles Chaise Longue"

DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


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