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Testi e commenti di Vilma Torselli su Antithesi, giornale di critica d'architettura. Il più letto in Artonweb: fotografia |
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Le realtà bugiarde della
fotografia
di Gianmarco Chieregato e Vilma Torselli
pubblicato il 9/08/2007 |
"Bisogna
rendersi conto che la fotografia è la più grande
bugiarda che ci sia, complice la convinzione che essa ci mostri
la realtà così com'è".(W. Eugene
Smith) |
Il ricordo va ad un racconto di Italo
Calvino del 1970, "L'avventura di un fotografo",
un'acuta riflessione sul tema della rappresentazione fotografica
e sulla impossibilità che essa possa cogliere lo spazio
ed il tempo della realtà e divenire il luogo dell'ultima
verità: ogni fotogramma, infatti, è custode di
una sua verità, ciascuna inadeguata ad esprimere la totalità.
Perché attraverso lo stesso processo di decontestualizzazione alla base di uno dei filoni più innovativi della cultura
visiva del '900 (dada-newdada-popart), anche la fotografia
astrae da un contesto una parte che in virtù della
sua sola parzialità cambia identità e significato,
ma mentre per Duchamp l'operazione ha come esito, grazie al
gesto demiurgico dell'artista, la trasformazione della realtà
in altro (nella fattispecie in arte), nella fotografia invece,
attraverso lo sguardo tecnologico dell'obiettivo, è
l'altro a divenire realtà, complice l'aprioristica
convinzione espressa da Smith.
In entrambi i casi si tratta di una bugia, l'orinatoio non
diventa una fontana solo perché esposto in una galleria,
così come "l'immagine del mondo è il
mondo in immagine", non ha nulla a che fare con il
mondo reale, perché una fotografia può essere
molto rassomigliante al reale, ma resta solo una fotografia,
non è l'oggetto che rappresenta, ma è essa stessa
l'oggetto.
E' quanto afferma Gerardo Regnani quando scrive: "
.occorre
comunque tener presente che la possibilità che una
fotografia sia un documento effettivamente attestante un fatto
concreto può essere al massimo un'eventualità
e non, viceversa, sempre una certezza. La fotografia era e
sarà, in ogni caso, un segmento di un più ampio
e complesso insieme del quale, eventualmente, l'immagine può
talvolta rappresentare solo una circostanza particolare, per
quanto rilevante, e mai la complessità della realtà
effettiva.
("La perenne ambiguità
della fotografia" , "Verità" fotografiche)
La fotografia, insomma, è bugiarda o, quantomeno,
reticente: possiamo scattarla, possederla, guardarla, possiamo
credere che ci restituisca un frammento di vita, ed essa ci
trascinerà in un labirinto senza fine dove la meta
ultima è continuamente rimandata.
Le immagini illudono e mentono, tutte, ma fra i vari 'generi'
fotografici il più mendace è il ritratto.
Inquinato e condizionato non solo dal fotografo che scatta
la foto, primo manipolatore del risultato, ma anche dall'intervento,
consapevole o meno, del soggetto ritratto, che si pone inevitabilmente
l'intenzione di apparire in un certo modo, per quello che
è, o che crede di essere, o che vorrebbe essere, o
che vorrebbe far credere di essere, il ritratto è lo
specchio magico delle brame, fa vedere quello che non c'è,
nasconde quello che c'è, è bello o è
brutto a seconda degli occhi di chi guarda.
Oggi la bugia della fotografia è perfezionata ed amplificata
dalla possibilità di utilizzare sofisticate tecnologie
digitali e programmi di ritocco ed elaborazione grafica alla
portata di molti, il che rappresenta, specie per il ritratto,
una tentazione alla quale è difficile sottrarsi.
Si
perfeziona così la Bugia che, dice Gianmarco Chieregato,
"ci fa credere che tutti i famosi rimangono belli
e giovani mentre gli altri invecchiano e si ammalano".
Fin dalle sue origini, la storia del ritratto è infatti
piena di bugie, di finzioni diplomatiche, di false identità,
sguardi fieri, posture eleganti, petti in fuori e pance in
dentro
cercando di dare il meglio di sé,
perché il ritratto è fatto per essere esibito,
nessuno si farebbe ritrarre per mettere poi l'opera in soffitta,
a meno che non si chiamasse Dorian Gray, perché il
ritratto è un'autoaffermazione che non avrebbe significato
se nessuno la vedesse, è un'assicurazione contro l'oblio,
la rassicurante certezza che qualcosa resterà.
Il che rappresenta ciò che distingue il ritratto di
una persona dalla fotografia di un paesaggio o di un oggetto
inanimato, anche se tuttavia non significa che la fotografia
di un paesaggio o di un oggetto inanimato sia meno bugiarda,
significa semplicemente che i soggetti non sono complici del
misfatto.
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Vittorio
Gassman
|
Gianmarco Chieregato è uno specialista del ritratto, anni di professione e
di mestiere non hanno attutito la sua capacità di cogliere
al volo, per un istinto sorretto oggi da una lunga esperienza,
volti e situazioni non premeditate in ritratti che egli definisce
'rubati' e che alla spontaneità e all'immediatezza dell'esecuzione
devono la loro bellezza.
E' il caso della foto a Vittorio Gassman,
dice Chieregato, "rubata durante il matrimonio del figlio
e la sua bellezza sta proprio nell'essere rubata; sono stato
fortunato, "ho visto bene" l'attimo in cui un padre
guarda il figlio con affetto, con soddisfazione ma anche con
malinconia
.." o della foto a Michelangelo Antonioni,
colto in un'espressione insolita ed in netto contrasto con il
suo personaggio di regista intellettuale e psicologicamente
complesso. |
Michelangelo
Antonioni
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Eliminare la posa, il tempo in cui
il soggetto si rende conto e si atteggia, coglierlo impreparato
e naturale può sembrare l'espediente per salvaguardare
la 'verità' dell'immagine, ma lo è davvero?
Nel ritratto di volti noti o famosi, come è il caso di
Gianmarco Chieregato, l'identità personale è spesso
secondaria a quella pubblica, il ritratto consolida l'immagine
che il mondo già ha di loro confermando un clichè collaudato e costruito che li caratterizza e li identifica come
personaggi pubblici.
In questo caso l'immagine non meditata,
naturale e spontanea ha un suo valore documentaristico tutto
particolare perché apre una prospettiva inedita su un'interiorità
umana intima e 'vera' spesso segreta.
Ma come si distingue un'istantanea da una posa, in mancanza
del commento dell'autore?
"Le Baiser de l'Hotel de Ville", una celebre
foto 'rubata' scattata nel 1950 dal maestro Robert Doisneau divenuta simbolo della Parigi romantica degli innamorati,
si è rivelata, per ammissione del suo stesso autore,
un'immagine costruita al tavolino del caffè Villars
e concordata con la giovane coppia di protagonisti: senza
l'ammissione di Doisneau sarebbe rimasta nella storia della
fotografia come l'istantanea più conosciuta in tutto
il mondo.
Ma gli uomini amano sognare, anche quando sanno di cullarsi
sulle menzogne, e dall'originale di questa foto clamorosamente
bugiarda (la prima tiratura del 1950 fu di una sola decina
di esemplari) sono state tratte due milioni e mezzo di cartoline
e 500.000 poster, mentre una delle rare stampe originali (18x24,6
cm), autenticata sul retro da Robert Doisneau che l'aveva
donata alla protagonista dello scatto Françoise Bornet,
è stata battuta all'asta nel 2005 su una base di partenza
di 15.000/20.000 euro: nel giro di soli tre minuti, la foto
è stata aggiudicata ad un facoltoso svizzero rimasto
anonimo che ha sbaragliato i concorrenti sborsando la cifra
record di 184.960 euro.
E' probabilmente la bugia più redditizia di tutta la
storia della fotografia non di reportage.
"l'essere naturale è semplicemente una posa,
la posa più irritante che conosca" scrive
Oscar Wilde, il più celebre 'ritrattista' della letteratura
europea ne "Il ritratto di Dorian Gray", e l'esempio
di Doisneau gli dà ampiamente ragione.... e poi, potrebbe
anche essere che non ci sia distinzione tra la foto frutto
di una lunga posa e l'istantanea, entrambe sono il fermo immagine
di un brandello di vita, lungo o breve, un intervallo statico
di tempo, uno dei tanti che, come in una pellicola cinematografica,
fittamente accostati costruiscono l'illusorio movimento del
continuo scorrere del tempo. Anche un singolo attimo, astratto
dal suo contesto, sospeso e congelato in immagine, diventa
sempre ed inevitabilmente una posa
.
Comunque la si voglia valutare, la fotografia, insomma, è
irriducibilmente bugiarda, per vocazione, per natura, per
volontà o per necessità.
Non resta che sperare che abbia ragione Picasso e che, come
l'arte, essa sia una grande Menzogna in grado tuttavia ci
aiutarci a conoscere la Verità.
http://www.gmchieregato.com/
© Copyright Gianmarco Chieregato
"Le Baiser de l'Hotel de
Ville">>>>> |
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