| La peinture est une manière "d'être", 
                  la tentation de respirer dans un monde irrespirable. (Jean Bazaine Notes sur la peinture d'aujourd'hui)
 Jean René Bazaine (1904-2001) è personaggio 
                    poliedrico, con interessi sia nelle arti visive che nella 
                    letteratura, amico di Marcel Proust e di James Joyce, egli 
                    stesso validissimo scrittore ed autore di numerosi libri sulla 
                    pittura: divenuto pittore nel 1924, con le sue prime mostre 
                    ufficiali, segue corsi regolari di letteratura e di storia 
                    dellarte, maturando un background culturale che contraddistingue 
                    la sua pittura con unimpronta astratta di matrice europea.Incoraggiato da Pierre Bonnard, di cui apprezza la versione 
                    cromatica fatta di caldi arancioni e gialli che lo affascinano 
                    quanto i blu e i rossi decisi di Nicolas Poussin, Bazaine 
                    esplora le possibilità del colore nel costruire la 
                    forma, addivenendo ad una sua personale versione di bianchi 
                    densi e pervasi di luce: non a caso Bazaine lavorò 
                    con grande maestria il vetro colorato, realizzando le vetrate 
                    della chiesa di Saint-Séverin a Parigi (1965-69) e 
                    restaurando le vetrate della cattedrale di Chartres.
 
 Dopo un esordio figurativo, la sua pittura va poi verso una 
                    progressiva astrazione formale: il non figurativo, infatti, 
                    è per lui sia una reazione allatteggiamento restaurativo 
                    della cultura francese degli anni prebellici, sia il mezzo 
                    più idoneo per esprimere il significato metafisico 
                    delle cose, affermando che "du tableau doit émaner 
                    quelque chose qui dépasse la peinture".
 In virtù di questa convinzione Bazaine rifiuta lastrattismo 
                    puro, declinando verso quellastrattismo lirico che è 
                    un po il segno distintivo dellastrattismo europeo 
                    del decennio 40/50, in grado di esprimere direttamente e senza 
                    tramiti le emozioni, la spiritualità, la sensibilità 
                    interiore: come egli scrive, "Il faut se situer à 
                      l'intersection de toutes les sensations, de tous les sentiments: 
                      là où réside le secret de l'univers. 
                      C'est pourquoi je refuse l'abstraction pure".Seppure spirito libero ed innovatore, Bazaine non rifiuta 
                    il passato e la cultura precedente, conscio del valore morale 
                    dellarte afferma infatti che nessun artista è 
                    completamente libero né può dipingere come vuole, 
                    poiché tutto ciò che un pittore può 
                    fare, è di voler perseguire, con tutte le sue forze, 
                    quel tipo di pittura di cui la sua epoca è capace.
 In coerenza con questo concetto, come si osserva nel quadro 
                    presentato egli non rinuncia ad elementi di derivazione cubista filtrati attraverso il Picasso di Guernica e lopera 
                    di Braque e ad un vivace colorismo di memoria fauve, ad affermazione 
                    delle sue radici culturali, né ad un allusivo naturalismo travisato in un gioco nascosto di forme camuffate da una grande 
                    varietà cromatica di colori irreali.
 La dissoluzione formale spinta da un desiderio di semplificazione 
  e rinnovamento che caratterizza questo "Peinture" 
  del 1946, olio su tela, accanto alla leggibilità di 
  una originaria matrice naturalistica è anche traccia 
  del legame che Bazaine, con un altro gruppo di artisti quali 
  Maurice Estève, Charles Lapique, Alfred Manessier, 
  Roger Bissière, intrattiene con l "École 
  de Paris", movimento avanguardista che negli anni 40 
  viene sottoposto a rilettura in chiave antifigurativa. Tuttavia, egli scrive, "le destin du monde ne se 
                    joue pas entre le 'figuratif' et le 'non-figuratif' mais entre 
                    lincarné et le non-incarné, ce qui est 
                    bien différent", nel nome, ancora una volta, 
                    della capacità dell'arte di parlare un linguaggio universale 
                    oltre ogni regola e classificazione. |