"Mi affascina il gioco continuo fra artificiale
e reale, tra la piattezza della superficie e la plasticità
del volto ritratto". (Chuck Close)
Il 20 agosto 2021 è morto in un ospedale di Oceanside, nello stato di New York, all'età di 81 anni l’artista statunitense Chuck Close.
Nato a Monroe, nel Wisconsin, il 5 luglio 1940, Chuck Thomas Close compie gli studi alla University of Washington a Seattle, dove si laurea nel 1962, poi si iscrive alla Yale University, dove consegue un master in arti figurative nel 1964 e dopo, grazie a una borsa di studio, per alcuni mesi è in Europa.
La vita e il percorso artistico di Close subiscono un drastico cambiamento nel 1988, quando a causa di una malattia rimane semi paralizzato e costretto su una sedia a rotelle, senza tuttavia abbandonare la sua attività. Continua infatti a dipingere, dapprima tenendo il pennello tra i denti e in seguito, recuperato il parziale uso delle braccia, legandosi il pennello alla mano.
Il recente, rinnovato interesse verso l'Iperrealismo americano
ha riportato all'attenzione di critica e pubblico questo artista straordinario, inquadrabile in quel movimento artistico statunitense che
si definisce photographic realism o superrealism, tradotto
in italiano in Iperrealismo, idealmente collegabile
alla Pop Art rappresentando un filone post-pop per una
certa freddezza con la quale l'artista ritrae una realtà
osservata con l'attenzione puntigliosa e la fredda scientificità
di un curioso entomologo: come accade per esempio davanti
ai manichini iperrealisti di Duane Hanson, l'effetto sortito
è quello di un certo straniamento dello spettatore,
che viene portato a riflettere criticamente sul concetto stesso
del reale.
Sin dall'inizio della sua carriera, Chuck Close, che è
un vero esperto di tecniche incisorie, litografia, acquatinta,
mezzatinta, serigrafia e che ha sperimentato negli anni decine
di tecniche diverse, ha scelto un tema ben definito da un
rigido schema intellettuale, al quale è rimasto assolutamente
fedele nel tempo: dipinge solo ritratti, di amici, familiari,
ed anche, come nel quadro in esame, autoritratti, mai su commissione,
sempre di dimensioni colossali e con un'impostazione rigidamente
frontale, per una visione quasi monoculare.
Come tutti gli iperrealisti, Close parte dalla riproduzione
fotografica e sembra particolarmente interessato alle caratteristiche
deformazioni indotte dall'obiettivo quando la macchina cerca
di mediare tra i vari piani gestendo nella maniera ottimale
gli effetti di sfocatura: Close riproduce questo effetto tale
e quale, senza alcun tentativo di correzione, nella più
completa osservanza delle peculiarità 'fotografiche'
dell'immagine, tanto che in alcuni suoi ritratti la punta
del naso del soggetto può risultare un po' velata rispetto
ai piani del viso o dei capelli, che sono invece a fuoco.
La fedeltà quasi ossessiva al tema si accompagna sempre
ad una ricerca tecnica estremamente accurata e complessa,
che in alcuni casi, come in quello del dipinto presentato,
rende la realizzazione dei suoi ritratti lunga e difficile
(può durare anche un anno): l'artista scatta numerose foto polaroid del soggetto da ritrarre, poi le riporta sulla
tela e le elabora per mezzo di reticoli che gli permettono
di ampliare notevolmente le dimensioni del ritratto, conservando
intatta la rassomiglianza, resa con maniacale nitidezza in
tutti i suoi particolari.
Il reticolo, inizialmente a maglie molto fitte, attualmente
più allargato
a causa della malattia, provoca la formazione di tanti riquadri
colorati come tessere di un mosaico, con un macroscopico effetto
pixel che da vicino rende l'opera di difficile lettura per
un sorprendente esito astratto, mentre all'aumentarre della
distanza restituisce l'immagine di un ritratto molto realistico,
ricomponendo un volto umano con effetto quasi tridimensionale.
In questo "Autoritratto manipolato", un olio su
tela del 1982, come del resto in tutte le sue opere, si intuisce
uno studio approfondito ed appassionato della grande ritrattistica del passato, quella di Rembrandt, Caravaggio, Giotto, Vermeer,
Goya e di tutta la più classica tradizione culturale
europea, anche se, nonostante la vastità dei riferimenti
pittorici, Close non si discosta mai da una sostanziale ripetitività
di atteggiamento nei confronti del soggetto ritratto, proiettando
unimmagine anonima, in questo caso anche di sè
stesso, e fornendo scarse informazioni sul suo carattere o
la sua personalità psicologica.
Nel caso della produzione decisamente iperrealista di Close,
si potrebbe discutere sul fatto che ci si trovi davanti a
veri e propri ritratti o non piuttosto a delle nature morte,
trattandosi di riproduzioni di oggetti inanimati che in questo
caso sono le fotografie originarie.
In realtà il quesito non
riveste particolare importanza, poichè il fascino delle
immagini si gioca comunque sulla triade inganno-illusione-verità,
sulla perfetta mimesi di un'immagine che rimanda, come in
un gioco di specchi, ad un'altra a sua volta mimesi della
realtà, al punto che, paradossalmente, l'immagine finale,
pittorica, appare come quella di partenza, fotografica, quasi
che l'artista non sia intervenuto affatto ed il suo lavoro
non abbia lasciato traccia alcuna.
Lautoritratto è sempre stato un elemento molto
importante nellopera di Close che, fin dagli esordi
della sua carriera, ha voluto spesse volte rappresentare sè
stesso, analizzandosi con il medesimo distacco con cui ha
affrontato qualunque altro soggetto, senza compiere nessuna
operazione di idealizzazione del modello per eliminarne le
eventuali imperfezioni e producendo talvolta sullosservatore
un effetto inquietante.
E' palese una forte contraddizione tra la scelta del tema
e la modalità espressiva adottata, poichè, sempre,
la potenza rivelatrice insita nel concetto stesso del ritratto viene, nel caso dell'autoritratto, potenziata dal fatto che
l'artista espone sè stesso, la sua immagine, la sua
faccia, con un volontario atto narcisistico teso in genere
a svelare la propria interiorità.
Scardinando questo principio fondamentale della ritrattistica,
Close dice di voler alleggerire quanto più possibile....l'opera
dagli orpelli della ritrattistica tradizionale.......... e
in questo autoritratto guarda losservatore dritto negli
occhi con il consueto atteggiamento schietto ma neutro che
non sollecita partecipazione, anche se tradisce, forse del
tutto involontariamente, una certa esitazione vicina alla
vulnerabilità e, forse, all'umiltà.
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