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Architettura, suolo e territorio
di Vilma Torselli
pubblicato il 06/06/2016
"Un profondo sentimento per la bellezza del suolo sarebbe fondamentale nell'edilizia della nuova città: cercando la bellezza del paesaggio non tanto per costruirci sopra, quanto per servirsene nella costruzione" [Frank Lloyd Wright, 'La città vivente', 1934)

"se si deve costruire un quartiere, bisogna capire chi lo abiterà", così dice in un'intervista Franco La Cecla ('La Repubblica', Sezione economia e finanza, 22 marzo 2009), in realtà La Cecla dice molte altre cose, con la franchezza e l'autorevolezza che lo contraddistinguono, ma mi permetto di prendere a prestito questa breve estrapolazione scusandomene con l'autore.
Sembra un'affermazione ovvia, lo è sempre stata, si parte dal bisogno e lo si soddisfa coerentemente, ma oggi, nell'epoca della crisi economica, della mobilità globale, del precariato diffuso, dell'anonimato culturale, della disgregazione delle coscienze collettive, non è che in realtà l'osservazione va letta a rovescio, partendo dalla fine? "se vogliamo capire chi abiterà un quartiere, bisogna guardare come è stato costruito".
Perché, a giudicare dai prodotti messi sul mercato, dagli interventi invenduti con saldi negativi da capogiro, a quelli ceduti in blocco appena inaugurati a multinazionali qatariane, cinesi o giapponesi, si direbbe che molte operazioni urbanistiche o architettoniche vengano programmate alla cieca con una progettazione multitasking rivolta ad un'utenza qualunque della la quale il requisito unico richiesto è la possibilità di sborsare cifre iperboliche per comprarsi una fetta di città, di territorio, di panorama, di cultura e di storia.
Pur ammettendo che la rottura con il contesto possa essere la modalità d'elezione con la quale l'architettura contemporanea vuole lasciare un segno distintivo del proprio passaggio su questa terra, sembrava tuttavia che la questione riguardasse sopratutto la forma e che il motivo del contendere fosse principalmente la mancanza di relazione tra forma e funzione, il che ha prodotto negli anni sale riunione in forma di testa di cavallo o di nuvola, uffici a forma di binocolo o di armadillo o di cetriolo……

Talvolta però, la progettazione pare carente non solo di finalità formali e funzionali, seppure non necessariamente convergenti, ma anche del destinatario stesso del progetto in conformità ad un qualunquismo diffuso e ad una antropizzazione selvaggia che sta producendo a pioggia in ogni angolo del mondo spazi artificiali macdonaldizzati buoni per tutto e per chiunque quindi per nulla e per nessuno.

Da sempre l'architettura e l'urbanistica sono state le leve per imporre una pianificazione territoriale ad orientamento spiccatamente politico, potendo creare habitat attrattivi per uno specifico target culturale, economico, sociale del quale accaparrarsi il voto elettorale, quindi, pur essendo logico che il quartiere vada costruito in vista dell'utenza che lo abiterà, ciò non esclude una lettura in senso contrario per dire che in un determinato quartiere non potrà che abitare un aggregato umano prevedibile e guidato secondo un'operazione di marketing (sociale, umanistico o comunque lo vogliamo chiamare, fino al più recente neuromarketing), suggerendo la paradossale conclusione che non siano gli uomini a fare l'architettura, ma che sia l'architettura a fare gli uomini.
Lecito il dubbio che tutta questa architettura inutile e svendibile sorga col solo scopo di creare bisogni anziché soddisfarli e sia un modo per realizzare programmi finanziari e politici che utilizzano l'architettura come bene di scambio.

Ma il costruito ed il relativo territorio non sono solo un patrimonio immobiliare di proprietà esclusiva, essi acquistano una dimensione soggettiva e collettiva risultante dall’elaborazione percettiva degli abitanti di tutto il contesto circostante, diventando, nella definizione della Convenzione Europea del Paesaggio, "parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni [………….] componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, nonché fondamento della loro identità”.
Un grattacielo, una chiesa, un centro commerciale fanno parte dello spazio urbano di tutti i cittadini che gravitano sul territorio, intendendo lo spazio urbano sia come costruzione mentale, sia come pura esperienza fisica, poiché la bellezza percepita di un luogo non deriva solo dalla conservazione ambientale, ma anche dai mutamenti attuati dall'uomo destinati a consolidarsi nel tempo in identità estetica e culturale del luogo stesso.
Questo fa l'architettura.

Secondo recenti studi di settore, l’Italia ha più architetti e studi di architettura di qualsiasi altro paese in Europa, essendo tra i primi dieci paesi nel mondo per volume d’affari delle prestazioni di progettazione: il 'paradiso dell'architetto' esiste, ed è nel nostro bel paese, che, nella UE, è il meno permissivo, il più regolamentato sia per la progettazione che per il restauro e la conservazione dei beni culturali, quello più costruito, più ricco di vincoli storici e ambientali, con la maggior densità di popolazione, e, su tutto il pianeta, quello con la più alta dotazione per abitante di opere d'arte in gran parte architettoniche.
Sembrerebbe, secondo queste informazioni, che il bisogno di nuove architetture debba essere meno urgente qui che nel resto del mondo, così come sembrerebbe da primato l'offerta circa la quantità e la qualità dei progettisti.
Eppure non sembra che tutto ciò abbia una qualche influenza, l'Italia, che in quanto ad accoglienza non è seconda a nessuno, appare sempre più come un libero terreno di sperimentazione per architetti di ogni parte del mondo, dall'Iraq alla Spagna agli Stati Uniti al Giappone al Regno Unito alla Svizzera (volendo fare qualche nome: Zaha Hadid, Santiago Calatrava, Daniel Libeskind, Richard Meier, Arata Isozaki, Norman Foster, Mario Botta ecc.).
Al punto che chi non progetta almeno un monolocale in Italia si lamenta pure: dice Gehry a proposito del termovalorizzatore di Salerno: "mi hanno convocato, hanno chiamato i fotografi per annunciare che l'avrei progettato io, poi più nulla. Si sono solo fatti pubblicità sfruttando il mio nome", un marchio di fabbrica soggetto a brevetto e quindi da spendere previa autorizzazione.

Senza entrare nel merito della necessità di opere faraoniche di utilità almeno dubbia quanto è dubbio il valore aggiunto che rappresentano per le nostre città storiche, a questi progettisti sono state date opportunità straordinarie per incidere fortemente sul sociale e sull'ambiente con progetti prestigiosi come il più grande museo d'arte moderna, il più grande ponte sul Canal Grande, interi quartieri residenziali, torri e grattacieli, restauri, riqualificazioni e ampliamenti di edifici storici.

Ma non siamo stati noi i primi ad esportare il modello palladiano insegnando al mondo come progettare?
Possibile che oggi tutti siano in grado di darci delle lezioni?
Possibile che siamo così inerti da non saper rivendicare un passato tanto ricco di uomini e di idee da aver scritto, in arte e in architettura, la pagina di storia più significativa dell'occidente?

L'architettura non è per i mediocri, oggi più che mai in Italia ci vuole coraggio, di dire sì e anche no, avendo ben presente che la ricchezza del paese non aumenta occupando il territorio come una scacchiera, casella dopo casella, che il suolo, materia intrinseca dell'architettura e tema della composizione urbana, è un patrimonio che finisce senza poter essere rigenerato, che il consumo di suolo, seppure sia un fenomeno globale, è tanto più deleterio in paesi come l'Italia dove l'antropizzazione è antica e particolarmente intensa. (1)

(1) Sul problema si sta delineando una presa di coscienza recepita in un Disegno di legge denominato “Contenimento del Consumo del suolo e riuso del suolo edificato” in corso di approvazione, che spinge nella direzione degli interventi di riuso del patrimonio edilizio dismesso e dei processi di rigenerazione dell'esistente.
Ma pare che qualcosa si muova.

link:
Panorami immaginari
Shock architecture
Architettura, nuvole e cavalli
Icaro non abita qui
Parmigiano e Coca Cola

DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


blog di Efrem Raimondi


blog di Nicola Perchiazzi
 







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Lucian Freud,
"Reflection" (self portrait)

 

 
 

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