Che l’Italia fosse notoriamente un paese di artisti, che non fosse quindi difficile raccogliere un numero impressionante di opere d’arte delle più svariate provenienze, che non ci fosse però bisogno di ricordarcelo sparpagliandole per la penisola in modo caotico e casuale, tutto ciò è ovvio e scontato per ogni italiano tranne che, evidentemente, per Vittorio Sgarbi (di seguito nominato VS).
Il quale, in preda ad un raptus di megalomania, travolto da un incontrollabile attacco di protagonismo, non sembra pago del discusso allestimento del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia con l’insolita accoppiata artista invitato/intellettuale segnalatore (fra i quali intellettuali Lucio Dalla, Franco Battiato, Giorgio Albertazzi, Mogol tanto per citarne alcuni) con il quale pretende di attuare “…il risarcimento del rapporto fra letteratura, pensiero, intelligenza del mondo e arte, chiedendo, non a critici d’arte, neppure a me stesso, quali siano gli artisti di maggiore interesse tra il 2001 e il 2011, ma a scrittori e pensatori, il cui credito è riconosciuto per qualunque riflessione essi facciano sul nostro tempo”.
Qualunque !?
Personalmente, non vedo perché dovrei ritenermi più soddisfatta dalle riflessioni di Lucio Dalla piuttosto che da quelle di un 'qualunque' critico d’arte, specialmente trattandosi di una Biennale d’Arte, così come trovo paradossale che lo stesso VS si chiami fuori non chiedendo neanche a se stesso (sic!) “quali siano gli artisti di maggiore interesse tra il 2001 e il 2011”.
Ma allora, che ci sta a fare?
“Perché dovremmo affidarci ai “curatori”, si chiede pleonasticamente VS, già, e perché invece dovremmo affidarci a lui, ci chiediamo noi? Non c’è forse una contraddizione di base nel fatto che proprio lui, noto soprattutto come critico d’arte e curatore/organizzatore di mostre, bandisca i “critici-curatori-infermieri”, così li definisce con tono noiosamente provocatorio, occupandone poi lo spazio e la funzione?
Il quesito non lo tocca e VS, non chiedendosi neanche quale sia la qualifica professionale per la quale è stato attribuito l’incarico a lui e non, per esempio, ad un vignettista come Forattini (tra gli intellettuali segnalatori), concepisce un parallelo megaprogetto espositivo che coinvolge circa mille artisti (curioso e forzoso parallelo con i Mille di garibaldina memoria) sparsi in tutta Italia, “tentando una rappresentazione variegata e credibile della creatività italiana indagata regione per regione”.
Sarà così possibile “tracciare una mappatura, mai realizzata prima, della storia dell’arte contemporanea” dichiara VS, rivendicando un primato del quale la conferma pare, a cose fatte, più che mai in forse.
Varie, spesso insoddisfacenti e necessariamente disomogenee le sedi scelte, molte le inesattezze, le polemiche, i ritardi, la confusione su date, numero e nomi dei partecipanti, inaugurazioni e durate delle varie mostre (quella piemontese annullata o rimandata), per lo più incomprensibile il disegno generale e i criteri di scelta che lo dovrebbero guidare: questa Biennale diffusa non fa che reiterare le carenze già evidenziate dalla Biennale veneziana.
Per par condicio e in omaggio alla pluralità delle opinioni, segnalo che c’è, tra gli artisti partecipanti alla Biennale veneziana, chi ha dedicato a VS addirittura un monumento.
Poiché l’arte non va passivamente guardata, ma anche interpretata, lascio ad ognuno la lettura dell’opera libera da ogni suggestione estranea: per un eventuale aiuto che guidi all’interpretazione, rivolgersi all’intellettuale più vicino. |