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I Macchiaioli
di Vilma Torselli
pubblicato il 24/03/2007
Macchia, intesa come accentuazione dei valori chiaroscurali attraverso la quale la luce assume un fondamentale valore strutturale nella definizione della forma, in un movimento anticipatore dell'Impressionismo francese.
Il termine "Macchiaioli" (coniato in occasione di una collettiva nel 1861) con un'origine analoga a quello di "Impressionismo", entrambi usati in tono dispregiativo e derisorio o quantomeno dubitativo, deriva da "macchia", a sua volta designante quella particolare accentuazione dei valori chiaroscurali attraverso la quale la luce assume un fondamentale valore strutturale nella definizione della forma: curioso lo strattagemma a cui i Macchiaioli facevano ricorso, di importazione francese, la riflessione dell'immagine in uno specchio nero per mortificare e "tagliare" i mezzi toni del colore ed esaltare il contrasto chiaroscurale.
Il movimento, che si manterrà unito fino verso il 1876, sorge in circostanze analoghe a quelle nelle quali matureranno poi molti movimenti avanguardisti del '900. Collocandosi però alla metà dell' '800, esso costituisce un evento fortemente anticipatore: seppure interessando un ambito territoriale, la Toscana, circoscritto e limitato, questo movimento tiene in incubazione i germi di quello spirito ribelle ed innovativo dal quale in pochi decenni scaturirà il generale rinnovamento del linguaggio dell'arte europea.

Domenico Morelli e Saverio Altamura, seppure non toscani ma napoletani, sono tra i primi ad attizzare la scintilla del movimento, che in breve coinvolge Serafino De Tivoli, Vincenzo Cabianca, Cristiano Banti, Nino Costa, Vito d'Ancona, Odoardo Borrani, Giuseppe Abbati, Raffaello Sernesi, "l'impressionista veneziano" Federico Zandomeneghi, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, tutti frequentatori di quel Caffè Michelangelo in via Larga che fungeva da punto di ritrovo dove si scambiavano idee ed imbastivano interessanti dibattiti gli artisti allievi della vicina accademia.
I critici Diego Martelli ed Adriano Cecioni, quest'ultimo anche valido scultore, diventano i teorici del movimento e Martelli, legato da amicizia con molti del gruppo, li ospita addiritura nella sua tenuta di Castiglioncello.

I Macchiaioli sono una generazione di giovani artisti inquieti aperti al confronto con l'Europa, consci del disagio di una situazione socio-politica apparentemente in evoluzione, sulla scia degli entusiasmi risorgimentali, ma che, vista da vicino, con occhi disincantati, nei campi della maremma dei banditi e della malaria, tra le povere case dei contadini toscani sfruttati dal sistema della mezzadria, ha risvolti disumani e suscita solo delusione e rabbia.

Assetati di cambiamento e di verità, si oppongono allo stile accademico, al Romanticismo divenuto sterile formalismo, agli stereotipi, all'eroismo retorico, al mito, alle false celebrazioni, per andare alla ricerca della vita vera, della natura, degli umili, degli spazi rurali, della laboriosa quotidianità: sono valori universali che i Macchaioli rappresentano non tanto in chiave di denuncia sociale quanto di documentarismo realistico, pur non mancando il risvolto morale di una implicita critica alla concezione formalista e didascalica non solo dell'arte, tipica della cultura della Restaurazione post-napoleonica.

Coerentemente alla non convenzionalità dei temi e dei contenuti, anche lo stile, netto e stringato, si depura drasticamente da preziosismi accademici, ricercando una resa atmosferica a macchie di colori intrisi di luce, mentre l'importanza del disegno decade a favore di uno studiato rapporto cromatico che costruisce forme semplificate, dai particolari elementari, attraverso il contrasto di luce ed ombra, col tipico effetto-macchia per il quale la forma è creata dalla luce che la colpisce permettendo all'occhio, che la riceve di rimando, di percepirla (in seguito l'Impressionismo francese approfondirà più scientificamente la teoria della luce e della sua azione sull'occhio umano).
La “macchia” è quindi l'elemento nuovo di un linguaggio che privilegia i contrasti luministici aggressivi, colti nel pieno della potente luminosità mediterranea, esauriti in pochi ed abbaglianti colpi di luce, efficace espediente emotivo che colpisce e coinvolge l’osservatore prima ancora del contenuto del soggetto o delle proprietà "narrative" della composizione.

L'umiltà dei temi non vuol dire rozzezza o sommarietà compositiva, giacché i Macchiaioli scandiscono le loro composizioni entro una struttura prospettica di ispirazione rinascimentale che testimonia la loro appartenenza alla terra di Giotto, di Masaccio, di Piero della Francesca, del beato Angelico e ricuce una continuità culturale che è irrinunciabile eredità di chi ha l'avventura di nascere in Toscana.

La diffusione del movimento dei Macchiaioli è sostanzialmente provincialista o comunque prevalentemente nazionale, il che non si verificherà invece per l'Impressionismo francese, movimento di portata storica ben più rilevante, che tuttavia ha con i Macchiaioli innegabili legami e numerose analogie, ma che ha avuto il vantaggio di svilupparsi in un clima più aperto ai contributi culturali esterni e più adatto ad una diffusione oltre i confini geografici dei suoi luoghi di nascita.

Al di là del significato intrinseco, l'importanza del movimento dei Macchaioli sta quindi anche nell'aver in parte anticipato l'Impressionismo nelle tematiche fondamentali, quali il lavoro en plain air, per entrambi i movimenti derivato dai pittori della scuola di Barbizon, la ricerca sulla luce, le sperimentazioni cromatiche, il naturalismo che traduce nel colore le impressioni del reale, la rottura dei rigidi schemi della pittura da studio, l'eliminazione dei limiti imposti dallo studio grafico e dalla linea, l'attenzione verso la quotidianità ed il lavoro rurale, tutti elementi che l'Impressionismo porterà a conseguenze estreme nel suo "linguaggio dell’impressione", nella dissoluzione della forma, nella fluida dissolvenza del colore.


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