PROVARE A MISURARE IL TEMPO SENZA OROLOGIO AL POLSO, TU CHE GUARDI, INTORNO ROSSO. A DISTANZA X DALL'ULTIMO GIORNO.
Tutto ha una scadenza.
Ogni cosa – appartenente che sia ad una o all’altra di quelle due grosse famiglie tipologiche cui potremmo affidare il compito di FORMARE almeno parte delle nostre vite, il dovere e il piacere – ogni cosa prima o poi accade, o succede, o finisce (a volte anche “e”).
Nella consistenza del tempo ha luogo l’estinzione dei rapporti con fatti e persone, così come l’accettazione di verità.
Il consumismo è la consumazione di ogni bene e male negli stessi millimetri di tempo; il matrimonio la proiezione della vita a due sulla morte della buona e della cattiva sorte; il sesso l’aspettativa di un inizio per il raggiungimento di un terminale venire, cioé arrivare.
Vedendola così, il sangue diventa la sabbia di una clessidra a forma di corpo d’uomo, il suo scorrere è tanto prossimo a quello del tempo da poter ritenere credibile il suo gocciare come un rintocco di lancette.
Un rintoccare continuo.
Un fluire a circuito chiuso come quello della sorveglianza.
Chiharu Shiota (Osaka, 1972) interpreta l'aura (“Experiment #1: The Aura”, Christophe Gaillard Pop-Up Gallery) dedicando al sangue l'eternità del “vero movimento” e corredando il tempo di un pantone circolatorio rosso-emorragia.
Shiota misura il tempo attraverso l'andirivieni di un getto percorribile a vista, salvaguardando il plasma dalla spettacolarizzazione del non esibito e affogandoci violentemente nelle pozze di uno spargimento di tempo che non torna indietro.
Lui no.
Come sempre. |