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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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PRENDETE E GUARDATELA TUTTI.
Arte al volere. di Stefano Elena
pubblicato il 25/11/2009 |
Riflessioni da Berlino, dove
visitare una mostra rientra tra le ordinarie amministrazioni
della vita quotidiana di tutti, un rituale consueto e normale
della vita usuale. |
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Scorpio’s Garden
Julian Göthe
Voices from the off 3, 2008
Courtesy the artist; Galerie Daniel Buchholz, Cologne/Berlin |
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Scorpio’s Garden,
2009
Installation view: Temporäre Kunsthalle Berlin 2009
Photo: Jens Ziehe, Berlin
© Temporäre Kunsthalle Berlin |
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Berlin 08/09
Tacita Dean
Palace, 2005
© Tacita Dean |
Le primarie divergenze che possono riferirsi
alla cultura, nello specifico all’arte, risiedono nell’approccio.
Il modo con cui si sceglie di adoperarsi alla consumazione
dell’arte può arrivare a costituirne l’interesse,
l’importanza, la frequentazione e, in special modo,
la definizione mentale attraverso la quale viene collocata
all’interno della cartella “Propulsioni Creative”.
Qui a Berlino, da qualche tempo ricorrente richiamo geografico
per ogni giovane artista in vena di confronto e di stimolazione
interiore, visitare una mostra rientra tra le ordinarie amministrazioni
della vita quotidiana di tutti, quella cioè normale,
quella cioè dei giorni qualunque, quella cioè
che altrove (senza fare nomi) riesce ad annoverare tra i suoi
maggiori voleri, in ordine sparso perché ognuno ha
le sue personali priorità: incombenze domestico/alimentari;
adempimenti social-sessuali; assolvimenti (e assoluzioni)
religioso-sportivi; avanzamenti professionali e inalazioni
catodiche.
Rispetto alla gente di certi altrove, dove a quanto pare i
voleri non sono così lontani dai doveri quanto dovrebbero,
la gente di qui edifica un proprio spazio vitale dedicato
all’apprezzata ospitalità dell’arte, riuscendo
così, oltre che semplicemente a godere di una dimensione
comunicativa multiforme, a consentirne l’adattamento
alle tempistiche della vita usuale e non più a quelle
della vita speciale, da serata diversa, vestito elegante ma
sobrio (l’eleganza deve essere sobria, dicono sempre),
vado così posso dire di essere andato, fa freddo ma
almeno faccio qualcosa di nuovo, dai andiamo che c’è
un sacco di gente e di roba da bere.
Qui capita quindi di notare che i musei sono visitati, che
dentro c’è gente pagante e guardante, magari
è pure la mattina di un giorno feriale e chi è
libero, chi potrebbe impegnarsi nei soliti doveri dell’altrove,
entra dentro e guarda l’arte, anche se non ha ancora
aperto le bollette e forse deve persino finire di comprare
le cose che gli servono, fuori.
AL Temporäre Kunsthalle, per esempio, il pubblico NON
trascurava le cose importanti passeggiando tra le opere della
mostra “Scorpio’s Garden”, una selezione
di circa 35 artisti internazionali legati professionalmente
(e forse non solo) alla città i cui lavori compongono
un allestimento “cespuglioso” della scena contemporanea.
Il giardino, il garden, è la stessa Berlino, “di
Scorpio” perché Kirstine Roepstorff, artista
Berlin-based e curatrice della mostra, ha valutato la presenza
del segno zodiacale dello Scorpione in occasione di due fatti
decisivi per la capitale germanica: il suo compleanno (la
prima menzione della città risale a un documento datato
28 ottobre 1237) e la caduta del muro (9 novembre 1989). Sarcasticamente
spiazzante l’installazione di Henrik Olesen (Esbjerg,
1967) che simula il cedimento di un pezzo di muro dello spazio
espositivo, affrontando così senza drammatizzare la
fatidica questione “MAUER” e le implicazioni tra
scultura e ambiente circostante. Enormemente modesto e sensibile
l’intervento di Judith Hopf (Kartlsruhe, 1969), fatto
di un ramoscello d’albero che spunta dalla parte superiore
di una parete, a rimandare ai rapporti tra città e
vita privata, tra barriere e spontaneità.
Alla Berlinische Galerie è invece allestita sino al
31 gennaio “Berlin 89/09-Kunst zwischen spurensuche
und utopie” (“Berlino 89/09-Arte tra tracce del
passato e utopie future”), iniziativa che, pur motivata
e voluta dall’anniversario della caduta del muro (ne
ricorre quest’anno il ventennio), riesce a diventare
una panoramica succulenta e priva di moralismi storici, grazie
alla quale valutare l’operato di artisti di richiamo
internazionali (Sophie Calle, Tacita Dean, Wolfgang Tillmans…)
e (non soltanto) le pur presenti decisive ripercussioni di
una città e tante vite tagliate in due per quasi trent’anni.
Qui si sente, che l’arte può far bene.
Si evidenziano le sue proprietà di “corpo parlante”,
si assiste al continuo ingerimento come a quello di qualcosa
di habitué, di consueto, di ordinario.
Perché l’arte è, ordinaria. A dispetto
delle tanto decantate tavole di decifrazione, decriptare l’arte
contemporanea richiede appena un po’ di leggibilità
emotiva e predisposizione per gli sconfinamenti linguistici.
Ed è proprio solo assumendola secondo somministrazioni
casuali, da passeggio, le stesse usate per le vetrine di sempre,
che possiamo ulteriormente comprenderne gli alfabeti e proporle
dialoghi.
L’atteggiamento “non la capisco, non mi interessa”
è il più inutile e passivo tra quelli possibili.
Serve solo a creare ennesime distanze e a rincarare la dose,
quella sì davvero drammatica, dei voleri che diventano
sempre più i nostri doveri…
Buona fortuna. |
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Berlin 89/09
Raffael Rheinsberg
Brigade (detail), 1990
36 pale da neve
Foto: Kai Becker, Berlino |
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Berlin 89/09
Tobias Hauser
Walden in Leipziger Platz, 2002
Lightbox, struttura in legno |
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