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Riccardo Ianniciello, dipinti
pubblicato il 29/09/2019
Una pittura in delicato equilibrio tra una visione del mondo sostanzialmente metafisica ed al tempo stesso saldamente materica.

Biografia
Scrittore, saggista e pittore ha conseguito una specializzazione (corso di perfezionamento) in metodologie didattiche e processi di insegnamento. Diversi i campi di interesse che spaziano dall’antropologia alla critica letteraria e d’arte. Tra le diverse collaborazioni quella a La Repubblica di Napoli in qualità di critico letterario e ad Artonweb di Vilma Torselli; articoli e racconti sono apparsi nel corso degli anni su diverse riviste e quotidiani.

Tra i più autorevoli studiosi in Italia di Henry David Thoreau, scrive racconti particolarmente attenti all’ambiente e scritti antropologici come quello sui Fuegini della Terra del Fuoco (il primo studio completo in Italia) ma anche di carattere storico come la vicenda nostrana ancora ammantata di mistero dei pugnalatori di Palermo (La cospirazione dei pugnalatori, Aracne edizioni) con la ricostruzione dell’esperienza umana e professionale del magistrato piemontese Guido Giacosa chiamato a venire a capo di quell’inquietante caso giudiziario.

Uno studio riguarda la figura del paleontologo Salvatore Maria Puglisi, del quale Ianniciello cerca di delinearne i valori umani e letterari, aspetti poco indagati dalla critica, mentre Elogio della semplicità racchiude il pensiero dello scrittore in merito alla sua filosofia di vita sicuramente influenzata da Thoreau.
Il libro racconta l’esperienza di primitivismo (circa dieci anni) in cui Ianniciello cerca di far suoi i consigli di Thoreau, vale a dire semplificare per essere padroni del proprio tempo. “Nella misura in cui rivalutiamo il valore della semplicità avvicinandoci alla natura” – scrive Ianniciello –  “imprimeremo alla nostra vita un passo diverso, più a misura d’uomo. E, pur se continueremo a essere ostaggio del male che ci circonda, asserragliati nel nostro fortino (immaginario o reale) per difenderci, pur se resi guardinghi dalle brutture della vita, vedremo nuovamente le cose con verità e semplicità, come quando eravamo bambini”.

L’americanista Franco Meli nella sua prefazione a Elogio della semplicità annota:  Ianniciello (…) tenta di seguire una strada “lontano dai binari”: metafora thoreauviana che chiarisce come non sia necessario o inevitabile rassegnarsi ad accettare passivamente modelli socio-culturali che hanno perso di vista l’ordine “economico” generale”. 

L’autore si racconta:
La mia passione per la pittura va di pari passo con quella della scrittura: risale all’adolescenza la forte attrazione per l’arte pittorica, l’inizio incerto e a piccoli passi e l’esecuzione dei primi paesaggi ad olio, una passione cresciuta nel tempo ma caratterizzata da fasi alterne, con periodi più o meno lunghi di quiescenza creativa, se così possiamo definirli.
Il mio stile non si presta a facili catalogazioni e dunque a precisi criteri artistici in quanto i miei dipinti sono ispirati dall’estro del momento: talvolta sento di realizzare quadri più realistici, altre volte mi ispiro al simbolismo sintetista di Emile Bernard e di Paul Gauguin oppure ricerco forme impressioniste e postimpressioniste in particolare rifacendomi alla grande lezione stilistica di Cèzanne.

In questo senso credo che la pittura non debba rappresentare fedelmente la realtà, altrimenti ci troviamo di fronte a un surrogato della fotografia, a mero virtuosismo pittorico, piuttosto la deve interpretare in chiave personale e soggettiva.
L’arte è astrazione, non bisogna dipendere troppo dalla natura, tentando di imitarla, occorre dipingere ciò che si sente affidandosi alla propria immaginazione: se un prato sento di farlo rosso è quel colore che userò, così come per gli oggetti che potranno assumere forme stilizzate, astratte. Talvolta sono attratto dalla semplificazione estrema delle forme, dai colori puri e compatti, altre volte ricerco le sfumature, gli effetti cromatici dei colori resi di getto sulla tela sotto il flusso di potenti impressioni sensoriali.
Si parla di arte quando un’opera riesce a trasmettere e a infondere suggestioni profonde che sovrastino i confini angusti del gusto personale e diventano un universale sentire. Uno scheletro umano (in vetroresina, ferro e polistirolo) lungo 24 metri di un Dominicis, benché abbia avuto il beneplacito di Vittorio Sgarbi, quali valori artistici universali trasmette? Ci troviamo di fronte a un’opera d’arte o a una provocazione costruita ad arte?

Il fatto che mi occupo di critica d’arte e contemporaneamente dipingo credo sia un valore aggiunto: conoscendo la materia pittorica meglio comprendo l’arte pittorica. In altre parole la pittura la si comprende meglio se ci siamo sporcati le mani, se conosciamo concretamente le tecniche che andiamo ad analizzare.
Non dipingo en plein air ma faccio foto ovunque mi trovi cercando di cogliere la poesia della natura ma anche fissare volti e figure che trasmettono particolari sensazioni e suggestioni: queste foto costituiranno il materiale dal quale in studio trarrò i soggetti dei miei dipinti. Quello che ricerco è l’architettura rurale che si inserisce armonicamente nella natura che rimanda a un passato dove c’era un rapporto più a misura d’uomo, non fosse altro per mancanza di beni materiali che obbligavano a una vita più semplice. La stessa scelta dei materiali da costruzione era costituita da ciò che si trovava in natura, dunque pietre, tufo, legno, per cui abbiamo case che sono in un certo senso un’ appendice naturale e non vanno a deturpare il paesaggio. Un borgo che conserva ancora la sua impronta medievale è un patrimonio architettonico di incommensurabile valore che dobbiamo preservare a tutti i costi anche attraverso la memoria pittorica.

Non solo nell’architettura ma anche nelle figure umane ricerco un’armonia perduta: in una realtà dove la bellezza femminile è sempre più sfacciata e volgare cerco di cogliere in un volto di una donna il senso di riservatezza, di una sensualità non sbattuta in faccia che possiamo leggere negli occhi abbassati ma non sottomessi, in una camicetta appena sbottonata, nella posizione del corpo e del viso che inviano messaggi ben precisi. La stessa postura può indicare dignità, consapevolezza della propria fascinazione femminile e dunque potente arma seduttiva. E’ quello che cerco di fissare sulla tela.
I miei dipinti tratteranno non solo dell’umile vita dei campi ma anche, per esempio, delle condizioni disumane di vita nelle carceri italiane o di quelle dei moderni schiavi: l’esercito di immigrati  sfruttato in tante aziende lager nel sud Italia. Una pittura di denuncia per scuotere coscienze e sensibilizzare a temi mai adeguatamente affrontati da chi di dovere.

Riccardo Ianniciello

riccardo.ianniciello@yahoo.it

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