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Testi e commenti di Vilma Torselli su Antithesi, giornale di critica d'architettura. Il più letto in Artonweb:fotografia
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Milano, nuovo Museo di Arte Etrusca con un’incredibile sala ipogea creata dallo studio Mario Cucinella Architects.

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Premio “Morlotti-Imbersago” per giovani pittori under 35 su un “soggetto” antico e insieme contemporaneo come quello del paesaggio e dell’ambiente naturale e umano. Scadenza 15 settembre 2021

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La Giuria di In/arch, presieduta dal filosofo e allievo di Gillo Dorfles, Aldo Colonetti, ha conferito all’unanimità il Premio alla Carriera a Giuseppina Grasso Cannizzo.

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Al MUDEC di Milano, gli scatti di Tina Modotti, Donne Messico e Libertà .
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Al Center for Italian Modern Art di New York, Facing America: Mario Schifano 1960-65, la New York della Pop Art, il racconto del rapporto tra l’artista romano e la cultura americana di quegli anni.
Fino al 13 novembre 2021

La Scuola di Dusseldorf
di Vilma Torselli
pubblicato il 14/8/2021
L’8 novembre 2011 la gigantesca fotografia di "Rhein II", aggiudicata per la cifra di 4.338.500 dollari, diventa la foto più costosa della storia.

“……Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo”, scrive Pessoa, la magia della fotografia sta nel fatto che basta esercitare lo sguardo e, come ci insegna la filosofia, problematizzare l’ovvio, per trovare lo speciale nel banale, l’immagine è autopoietica, si crea negli occhi di chi guarda, infiniti occhi ed infinite letture, e tutte sono giuste.

La storia delle immagini ci ha abituati a vederne l’evoluzione verso una sempre più fedele mimesi della realtà, la pittura figurativa ha sempre incorporato nel suo linguaggio espressivo i progressi tecnologici (la pittura tonale dell’olio dei fiamminghi, le regole della prospettiva del rinascimento, la camera oscura di Caravaggio ecc.) ma la pittura subisce un irreparabile trauma alla nascita della fotografia, che riproduce la realtà meglio di chiunque e di sempre. Non a caso, l’arte visiva si inventa l’astrattismo, l’informale, il concettuale, perché l’iconografia, il racconto, la mimesi sono morti per sempre.

L’avvento della fotografia a colori registra una inversione di tendenza, anziché venire accolta come l’innovazione che permette una maggior adesione alla realtà colorata del mondo che ci circonda, sembra rappresentare una forzatura, una aggettivazione inutile e gratuita, come se il b/n avesse già saturato l’immaginario collettivo in tutti i modi possibili, come se, per la prima volta, evoluzione tecnologica ed evoluzione del linguaggio espressivo non si muovessero in parallelo e il colore fosse una opportunità accessoria, non indispensabile, a volte disturbante.
Paradossalmente siamo più propensi a ritenere artificiosa e manipolata una foto a colori (troppo spettacolare, troppo irreale, troppo falsata) piuttosto che una in b/n, che tuttavia sappiamo già nascere come falsa rappresentazione acromatica di una realtà policroma.

Il b/n semplifica, in un certo senso, la lettura dell’immagine, poiché la gamma dei parametri di riferimento è ridotta rispetto a quelli della scala cromatica, che per questo lascia meno spazio all’elaborazione soggettiva, il b/n è un inganno dei sensi che accettiamo senza metterlo in discussione, ci piace essere ingannati perché solo così possiamo entrare in una dimensione inaccessibile alla ragione (quella del sogno).

L’introduzione trae spunto da un avvenimento reale: l’8 novembre 2011 è stata battuta all'asta da Christie's la gigantesca fotografia di Andreas Gursky "Rhein II" aggiudicata per la cifra di 4.338.500 dollari, diventata quindi la foto più costosa della storia. L’immagine, stampata nel 1999 , è una monumentale fotografia del fiume Reno che misura 190 per 360 cm, la seconda fotografia di un set di sei immagini.
Da allora Gursky si dedica al grande formato e si converte alla fotografia a colori, immortalando preferibilmente soggetti di grandi dimensioni. Nello specifico la foto riproduce una veduta del Reno pesantemente ritoccata dove sono stati digitalmente cancellati tutti gli elementi del contesto, la visione del fiume così ottenuta è più adatta di quella vista in loco per rappresentare quel corso d’acqua.
L’intenzione del fotografo non è tanto quella di produrre una fotografia credibile, anzi Gursky non se ne preoccupa minimamente, nella consapevolezza che un’immagine è sempre una parte (non credibile) di un tutto che non si può rappresentare e quindi mente sempre, ma Gursky non vuole ‘mentire’ ricorrendo ad un sotterfugio digitale, anzi vuole che chi guarda la foto si renda conto che l’elaborazione rende meglio della visione diretta l’idea di un fiume ‘moderno’ (questo era il tema del suo servizio fotografico).
La rappresentazione deve essere credibile, non la foto la quale non ha alcun obbligo col reale, il fotoritocco serve non per mentire, ma per supportare una precisa poetica perché la visione del fiume così ottenuta è più adatta di quella vista in loco per rappresentare quel corso d’acqua.

Varrebbe anche la pena di considerare il background culturale di Gursky e le sue relazioni con la pittura di Anselm Kiefer e con i miti tedeschi del fiume Reno e della selva germanica, nonchè l'apparteneza alla "Scuola di Dusseldorf", forse il movimento più significativo della fotografia contemporanea, con chiari richiami alla Bauhaus della Repubblica di Weimar che inaugurò quindici anni di grande fervore intellettuale in una sostanziale libertà di espressione in cui nacquero i principali movimenti artistici tedeschi.

La Nuova Oggettività
La Scuola di Dusseldorf. Fotografia contemporanea tedesca

 


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