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Fotografia e Arte
di Alessandro Tempi
pubblicato il 11/09/2014

La specificità fotografica oggi, slegata dalla natura del medium, ma legata al carattere dell’opera, svincolata dall'antinomia documento/finzione, tesa al recupero di una "forma-quadro" che metta in discussione le attuali premesse estetiche dell’arte.

Andy Warhol 
Campbell's Soup Can, 1964
Leo Castelli Gallery, New York 
Silkscreen on canvas,
35 3/4 x 24 inch
 

Campbells Condensed Tomato Souptomato puree,wheat flour,
water, sugar,contains less than 2% of:salt, flavoring,ascorbic acid,citric acid,malic acid,succinic acid.

La storia delle forme artistiche arriva ad intersecarsi con lo sviluppo della tecnica molto prima che quest'ultima venga consapevolmente assunto nell'orizzonte teorico e pratico delle avanguardie moderniste e di ciò la vicenda della fotografia assume valenza emblematica: dovranno trascorrere infatti quasi un centinaio d'anni dalla sua invenzione compiuta (1839) prima che essa venga percepita nel suo valore di medium espressivo capace di modificare radicalmente il concetto e la sfera applicativa dell'arte e  questo avviene grazie a due vigorosi contributi: quello tecnico-analitico di Walter Benjamin e quello teorico-pratico di Lazslo Moholy-Nagy, ambedue non a caso situabili proprio nel terzo decennio del Novecento.

Non che, nel corso di quei cento anni, fossero mancate inerenze fra la pittura e la fotografia, anzi è possibile rilevare influenze reciproche fra questi due pratiche già all'indomani dell'invenzione di Daguerre, ma il loro rapporto fu per l'appunto di natura tecnica, concentrato in special modo sugli apporti innovativi che il procedimento fotografico introduceva sul piano delle ricerche sul movimento o su quello della resa dell'immagine e dell'uso della luce (1) La stessa sperimentazione futurista - il cosiddetto "fotodinamismo" - ad opera dei Bragaglia risulta più un assecondamento dell'estetica del dinamismo che non un approccio indirizzato a chiarire la struttura del nuovo medium, mentre un esplicito e diretto riferimento alla ricerca fotografica sul movimento (e qui bisogna riferirsi a E. Muybridge e J.Marey) conduce invece la pittura futurista (soprattutto Balla e Boccioni) a forti e profonde innovazioni del linguaggio figurativo.

Il contributo più significativo sulla via di una definizione teorica della fotografia viene proprio da Benjamin, che nel 1931 (e quindi non lontano dalle sperimentazioni di Moholy-Nagy sui media ottici) scrive la Breve storia della fotografia , in cui egli osserva come il problema vero sollevato da questo nuovo medium non sia quello di porre in discussione se esso sia o non sia arte, ma piuttosto se attraverso la scoperta della fotografia non si sia modificato il carattere complessivo dell'arte.
È stato rilevato da alcuni studiosi (D. Palazzoli) che questa impostazione del problema è già di per se stessa del tutto nuova. Essa è infatti ad un tempo antiaccademica, in quanto non mira a privilegiare alcuna tradizione artistica preesistente; realistica, perché ricerca la soluzione del problema non a partire da principi assunti a priori, ma da una data situazione storica e culturale; politica, poiché è interessata più allo studio degli effetti sui fruitori dell'opera d'arte che alla salvaguardia di una concezione precostituita dell'arte.
Benjamin era del resto ben consapevole della dimensione sociologica entro cui i fenomeni dell'arte vanno ad articolarsi e riteneva quindi che il fattore essenziale della svolta artistica determinata dalla fotografia risiedesse appunto in quella caratteristica del medium che funge da elemento di collegamento fra il momento produttivo e quello fruitivo: la riproducibilità tecnica, in cui si identifica naturaliter l'essenza stessa del medium fotografico in relazione all'arte. Questa precisazione è necessaria per almeno due motivi:

a) perché rispecchia il carattere essenzialmente strumentale  che il pensatore tedesco attribuisce alla fotografia, la cui capacità riproduttiva conduce ad una fondamentale cambiamento di funzione  dell’opera d'arte in senso comunicazionale, abbassandone il valore "cultuale" legato all'unicità dell'opera ed elevandone quello "espositivo", che dipende direttamente dal grado di diffusione dell'immagine (Benjamin);

b) perché, analizzando la fotografia come forma in sé, individuerà nella sua capacità di porsi come "inconscio ottico" (ovvero capacità di registrare fenomeni inaccessibili all'occhio umano e svincolati dalla sua soggettività) dell'uomo il suo peculiare modo di essere che la distingue da altre forme di rappresentazione (Benjamin).

È sintomatico che gli sviluppi della fotografia successivi al lavoro critico di Benjamin si indirizzino in modo pressoché univoco in direzione documentaria (fotogiornalismo, fotografia scienti­fica, ritrattistica, fotografia sociale), come a realizzarne l'essenza fondamentalmente comunicazionale teorizzata dal tedesco. Del resto, se si eccettuano le sperimentazioni effettuate in sede specificamente artistica da A.L. Coburn, Christian Schad e dello stesso Moholy-Nagy, la fotografia diventa perlopiù materiale per opere pittoriche a carattere collagistico e bisognerà attendere gli anni Sessanta prima che essa rielabori un proprio ed autonomo linguaggio capace di tornare ad influenzare la pittura (vedi l'esperienza iperrealista) e di procedere insieme ad essa all'interno di un comune linguaggio che tende ad unificare tutte le forme di produzione immaginale.
Il vasto successo che la fotografia ha conseguito proprio in questi ultimi decenni è tuttavia il riflesso di due congiunture: una, più generale, riguarda l'esplosione delle forme di comunicazione visuale che contraddistingue ormai la cultura contemporanea e che ha fatto sì che la fotografia cominciasse ad essere interpretata e studiata non solo nella sua valenza documentaria, ma come messaggio culturale(2); l'altra, più particolare, è inerente al carattere per così dire più "aulico" che alla fotografia viene oggi riconosciuto dalla critica, in virtù di una sua comprovata maturazione linguistica, specie in paragone ad altre forme visuali, come ad esempio il cinema o la televisione, che sembrano non solo aver smarrito un'originaria connotazione artistico-sperimentale, ma essere completamente assorbite da logiche di mercato e quindi di consumo.
Al contrario, la fotografia, che pure è molto presente sul piano della comunicazione pubblicitaria (che alle logiche cui si faceva cenno prima aggiunge quella di una rapida obsolescenza del gusto), pare sapersi preservare una sua limpidezza estetica di scrittura privilegiata del contemporaneo, che ne legittima la ricognizione in ambito artistico.
Ciò vale per la cosiddetta fotografia sociale, che pur divenuta ormai un classico della moderna comunicazione artistica, rischia oggi di scomparire come genere a causa del declino dei suoi committenti (le riviste illustrate a grande diffusione come Life, ad esempio, soppiantate dalla televisione), ma soprattutto per un'area che potremmo definire di "ricerca classico-estetizzante" (L.V. Masini), ove una perdurante preoccupazione formale, che si realizza anche attraverso una rigorosa fedeltà ai canoni tecnico-stilistici tradizionali del linguaggio fotografico, fa sovente da contrappeso ad un contenuto iconico convenzionale, spesso scabro o "reale", che tuttavia tenta nell'estetizzazione una via possibile alla ridefinizione attuale proprio senso (si pensi, ad esempio, ai lavori di Robert Mapplethorpe).
Nella temperie dell'Arte Concettuale, la fotografia si è andata concependo come l'oggetto di un approccio analitico-semiotico teso a conferire al suo naturale carattere descrittivo una nuova pertinenza che scaturisce dal collocarlo in un contesto che va al di là di esso, fra il concetto (legato all'intenzionalità dell'immagine mentale) e l'esperienza materiale (legata all'immediatezza della cosa). Più di recente si è fatta strada, specie dal versante critico, un'idea di specificità fotografica che non discende tanto dalla natura del medium (e quindi articolabile sulla contrapposizione reale/fittizio), quanto dal carattere delle opere, dal quale esattamente dipende una nuova e diversa "obiettività" svincolata dall'antinomia documento/finzione  come pure da predeterminazioni concettuali troppo rigide, ma ordinata ad un recupero della "forma-quadro" in cui si stabilizzi la durata ed il senso della complessità dell'esperienza (J.F.Chevrier- J.Lingwood). Persiste in ogni caso la convinzione, esplicitata da molti giovani artisti che fanno uso della fotografia, del carattere eversivo del mezzo, col quale è possibile porre in discussione le premesse estetiche dell’arte e soprattutto annullare i confini fra “arte alta” e “arte bassa”(3)

(1) Cfr. a riguardo l’intervento di Marion Lambert “Qualche nota sulla fotografia contemporanea”, pubblicato nel catalogo a cura di A. Soldaini e P. Colombo, citato in bibliografia, nel quale si ricorda come già agli inizi del ‘900 Alfred Stiegliz si battesse per il riconoscimento della fotografia come forma d’arte.
(2) Vedi ad esempio il fondamentale saggio di Roland Barthes dal titolo “La camera chiara”, citato in bibliografia
(3) Il che, a ben vedere, era già preconizzato nel saggio di Douglas Crimp “The Photographic Activity of Postmodernism”, pubblicato sulla rivista October nel 1980. Cfr, a riguardo il perspicuo intervento dal titolo “La fotografia negli anni del postmodernismo” di Antonella Russo, contenuto nel volume curato da A.Soldaini e P.Colombo.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  • R.Barthes, La camera chiara, Torino, Einaudi, 1980
  • W.Benjamin, Breve storia della fotografia,  in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1967
  • J.F.Chevrier-J.Lingwood, Un'altra obiettività, Firenze, Idea Books, 1990 (catalogo mostra Museo Pecci, Prato)
  • A.Grundberg-K.McCarthy Gauss, Photography and Art: Interactions since 1946, Los Angeles, 1987 (catalogo mostra Los Angeles County Museum of Modern Art)
  • J.Jacobs, This is not a Photograph, Sarasote, Florida, 1987 (catalogo mostra del John and Mary Ringling Museum of Art, Sarasote)
  • J.Kardon, Image Scavengers: Photography, Chicago, 1982  (catalogo mostra I.C.A., Philadelphia,)
  • L.V.Masini, Fotografia contemporanea, in Dizionario del fare arte contemporaneo, Firenze, Sansoni, 1992
  • L.Moholy-Nagy, Pittura Fotografia Film, Torino, Einaudi, 1987
  • D. Palazzoli, Arte e società: la proposta estetica negli strumenti funzionali, in L'Arte Moderna, Milano, Fabbri, vol.XV, 1967
  • A.Scharf, Arte e Fotografia, Torino, Einaudi, 1979
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