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ABBRACCIO
di Alessandro Tempi
pubblicato il
7/04/2009
Una pittura con la potenza di un abbraccio a cui ci si lascia andare confidenti nella bontà e nella grandezza di ciò che ci viene incontro.

Non vera e propria rappresentazione dal vero, il paesaggio, in pittura, nasce dapprima come prodotto dell'immaginazione o della ricostruzione ideale dell'artista. Solitamente, i pittori combinavano elementi paesistici reali e riconoscibili con altri di pura invenzione, oppure utilizzavano soggetti appartenenti alla tradizione pittorica collocandoli e/o ambientandoli in più estesi paesaggi. In tal modo, soggetti come la fuga in Egitto, i santi eremiti, l'orazione nell'orto ed altri analoghi di carattere biblico venivano fortemente arricchiti da una poderosa rappresentazione della natura.

Nella seconda metà del Settecento s'impose tuttavia un nuovo sentimento della natura, formato sui principi del pittoresco e del sublime. I pittori si sentirono attratti dall’intima risonanza che si può riscontrare tra certe manifestazioni naturali e l'animo dell'osservatore e vennero a crearsio i presupposti anche in pittura – perché nell’esperienza letteraria la cosa era già presente almeno dai tempi di Petrarca – per la rappresentazione del cosiddetto paesaggio-stato d’animo. Nella pittura di paesaggio così s'imposero da un lato uno stile meticoloso, atto a raffigurare una natura misteriosa o amena, dall'altro rappresentazioni intensamente soggettive, talvolta perfino visionarie, vere e proprie anticipazioni espressionistiche.

Nel recente ciclo di dipinti, emblematicamente denominato “Terra”, Yulia Knish parrebbe aver fatto la sua scelta: a prima vista, infatti, i suoi meccanismi espressivi parrebbero quelli di una grande e potente precisione quasi fotografica, scaturente – si direbbe – da un poderoso sforzo realistico. Ma poi, ad una lettura più attenta, ci si accorge che anche il presupposto realistico, in essa, è in realtà il frutto di un personale abbandono alla forza della visione, al carattere simbolico delle forme e dei colori. La sua pittura ha la potenza di un abbraccio a cui ci si lascia andare confidenti nella bontà e nella grandezza di ciò che ci viene incontro. Che non è mai solo oggetto esteriore o apparenza fenomenica, mero mondo esterno da dominare con i mezzi della riproduzione. Infatti, come in un abbraccio si realizza quella compenetrante unità di soggetti differenti, la pittura di Yulia si fa portatrice di un’esperienza in cui soggetto e oggetto paiono condividere una nuova forma di identità, quella della creazione artistica, in cui vedente e veduto si fondono in una nuova unità di senso.
In questo modo, gli scenari naturali, i panorami campestri non sono, per Yulia, i contenuti definitori di un’afferenza ad un genere; semmai sono – verrebbe da dire seguendo Stendhal – un “piacere degli occhi”, un’esperienza sensibile prima che una definizione teorica Ad un’esperienza ci si apre, in essa si sperimenta la condivisione, con essa si attua la com-prensione.

Questa pittura non è, dunque, mai solitaria. Nei suoi scenari non vi si celebra l’assenza umana. L’umano è lì, nella visione, nell’incontro-abbandono alla potenza della natura. A cui, come in un abbraccio, ci rimettiamo confidenti.

link:
Alessandro Tempi

DE ARCHITECTURA
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