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Damien Hirst, "Mother and Child Divided"
di Vilma Torselli
pubblicato il 9/05/2007
Il confronto macabro e straniante tra vita e morte nelle opere in formalina in cui l'esistenza è sospesa.
"Credo che diventare un marchio di fabbrica sia un momento importante della vita. E' il mondo nel quale viviamo. Devi averci a che fare, capirlo e cavalcarlo. Fino a quando non diventi la proiezione di te stesso, non sarai in grado di fare altri Damien Hirst". (Damien Hirst)

Damien Hirst (1965) proviene da un gruppo piuttosto eterogeneo di giovani artisti inglesi, Young British Artists, giunti alla notorietà grazie al mecenatismo di Charles Saatchi, multimiliardario nel campo della pubblicità con una passione per l'arte moderna, che ha acquistato in blocco i loro lavori ed ha cominciato ad esporli e commercializzarli attraverso una vasta operazione prettamente economica come sovente accade nell'odierno sistema del mercato dell'arte.

Damien Hirst si è subito distinto, all'interno del gruppo, per eccezionali capacità organizzative e autopromozionali che lo hanno portato, nel giro di quindici anni, alle più alte posizioni della fama artistica, grazie anche all'abile manipolazione di personaggi influenti quali critici come Norman Rosenthal della Royal Academy, galleristi come Nicholas Serota della Tate Gallery e collezionisti privati, e grazie soprattutto al suo forte spirito ribelle e dissacratorio, alle sue opere scioccanti e stranianti di eccezionale impatto emotivo: Hirst, infatti, ha sempre saputo che per diventare celebri bisogna essere riconoscibili, nel bene o nel male, bisogna produrre un'emozione indimenticabile, piacevole o ripugnante, bisogna essere unici.

Secondo il concetto ricorrente in tutta l'arte moderna dell'inscindibilità del binomio arte-vita, Hirst, che si esprime con grafica semplificata e forme e colori elementari, pesca dalla realtà i soggetti-oggetti delle sue opere, animali, fiori, sigarette a metà, oggetti usati, colti nella loro provvisorietà, effimeri, già vissuti, inanimati o morti, o sezionati, o decomposti, momenti sporadici o vite conservate in formalina, come nell'opera presentata, a fissare un momento cruciale al quale l'artista sembra attribuire una particolare importanza: lo spazio-tempo in cui morte e vita si toccano, o si separano, come leggiamo negli squali sezionati bloccati nel vuoto sterile di una teca di cristallo, o nelle farfalle trafitte dallo spillo di un entomologo crudele.

Significativo questo "Mother and Child Divided" del 1993, Steel, GRP composites, glass, silicone sealants, cow, calf, formeldahyde solution, 2 x (190x322x109 cm), 2 x (102,5x169x62,5 cm) .

Ma l'orrore si stempera nell'ironia più feroce attraverso la critica dell'artificialità e della manipolazione, caratteristiche del nostro mondo moderno, che Hirst porta avanti in una sua serie di opere dedicate al tema del farmaco, della farmacia, del binomio cibo-medicina, anche questo legato in qualche modo al tema della morte, sdrammatizzato dall'effetto straniante di chiara impronta kitsch o pulp comune a tanta cultura contemporanea soprattutto anglosassone.
E' un aspetto drammatico della nostra società che Hirst analizza in modo provocatorio e volutamente crudo, non solo per motivi di carattere etico, ma soprattutto per motivi estetici, inseguendo un suo preciso disegno anche fortemente commerciale.

Comunque, non si può rimanere indifferenti davanti agli oggetti che Hirst decontestualizza e rielabora in chiave soggettiva, mettendo in risalto aspetti non esplorati della realtà, inducendoci a riconsiderare, in uno spietato confronto, il nostro concetto di verità, di normalità, di vita e di morte ed a guardare in faccia ciò che ci piacerebbe non vedere, in una parafrasi dell'esistenza di disarmante lucidità che nulla dà per scontato.

Tutto ciò non basta per fare di un enfant terrible per quanto geniale un vero artista, ma forse è quello che si diceva nel secolo scorso di un Duchamp, di un Klein, di un Warhol, anche se su altri "artisti" loro contemporanei vige tuttora la sospensione del giudizio.
Forse per giudicare Damien Hirst bisogna, più che mai, affidarsi all'emozione ed interrogarsi su ciò che si prova davanti alle sue opere, davanti agli intriganti ammiccamenti che ci inviano, ai messaggi talvolta macabri, talvolta ferocemente veritieri, esagerati, clamorosi, scandalosi e gridati.......... e capire se, verosimilmente, arte può voler dire anche questo.


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