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                |  |   
                | Op Art e arte cinetica di Vilma Torselli
 pubblicato il 31/03/2007
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                | Il movimento nell'opera d'arte 
                  e nei mobiles di Alexander Calder, per un'arte in cui "Il 
                  movimento è intrinseco come quello del grammofono o dell'aeroplano 
                  in volo; senza di esso, l'oggetto sarebbe un'altra cosa. " (George Rickey) |  
                | Quasi contemporaneamente alla Pop 
                  Art degli anni '60, si sviluppano l'arte cinetica e la Op 
                  Art, che a molti appaiono come una sua logica prosecuzione: si tratta 
                  però di un giudizio superficiale, seppure con una parte 
                  di verità, per le sostanziali differenze nella poetica 
                  delle due correnti. Mentre la Pop Art osserva la società consumistica e tecnicistica 
                  con fredda ironia rappresentativa, si può dire che la 
                  Op Art e l'arte cinetica in genere esprimano nei confronti del 
                  tecnicismo e della macchina una sorta di amore romantico, e 
                  così come le radici della Pop Art si rintracciano nel Dadaismo di Duchamp, così 
                  quelle della Op Art sono più facilmente desumibili dal Futurismo e dal Costruttivismo, 
                  movimenti avanguardisti entrambi percorsi da una visione positiva 
                  e celebrativa della macchina e dell'invenzione tecnica.
 Il concetto base della Op Art e dell'arte cinetica è 
                    l'introduzione del movimento nell'opera d'arte, non in termini 
                    di rappresentazione (come nel caso del Futurismo) ma in termini 
                    reali, con quel tanto di casuale ed aleatorio che esso comporta 
                    in funzione dell'instabilità della struttura, con varie 
                    sfumature e differenze che possono anche permettere di stilare 
                    una vera e propria classificazione di questo tipo di produzione 
                    artistica, come ha fatto il critico Frank Popper nel suo "Origins 
                      and Developmens of Kinetic Art".
 L'arte cinetica comprende in verità una vasta gamma 
                    di tipologie artistiche, opere costituite da disegni instabili 
                    che provocano nell'osservatore una reazione psico-fisica, 
                    con prevalenza dell'effetto optical, opere che per animarsi 
                    hanno bisogno dell'attivazione da parte dello spettatore, 
                    che deve quindi interagire con esse, opere dotate di movimento 
                    autonomo, con o senza motore, ed infine opere che incorporano 
                    anche effetti luminosi o che si propongono come vere e proprie installazioni.
 Semplificando per grandi linee, si potrebbe dire che l'arte 
                    cinetica può essere costituita da oggetti mobili, dove 
                    l'esito dell'osservazione si lega a sensazioni psicologiche, 
                    da espedienti percettivi, dove il risultato dell'osservazione 
                    coinvolge lo spostamento dello spettatore, da oggetti che 
                    si muovono autonomamente, grazie all'intervento esterno di 
                    meccanismi più o meno complessi.
 Sarà quest'ultima la via che privilegeranno gli artisti 
                    italiani, nell'ottica di un maggior controllo sull'esito finale, 
                    dando origine all'Arte 
                  programmata.
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                |  | Già in passato si possono rintracciare tentativi in 
                    queste direzioni ad opera dei futuristi Aleksandr Michajlovic 
                    Rodcenko e Man Ray, ma il primo artista che raggiunse la fama 
                  come autore di opere cinetiche fu l'americano Alexander Calder (1898-1976) |   
                | Primo grande artista americano a vincere il Gran Premio di 
                  scultura alla Biennale di Venezia nel 1952, di formazione 
                  tecnica con un diploma in ingegneria meccanica, Calder è universalmente 
                  noto per i suoi "Mobiles", opere d'arte cinetica nel senso letterale 
                  del termine, nelle quali l'effetto visivo dipende di volta 
                  in volta dall'assetto assunto dalle forme in movimento e 
                  non dalle forme stesse.Attorno agli anni '30 Calder esegue le prime sculture astratte 
                    e nel 1931-32 introduce nelle sue opere elementi mobili: queste 
                    sculture, soggette al movimento a seconda delle interferenze 
                    ambientali, vengono denominate appunto "Mobiles" 
                    da Marcel Duchamp proprio per la loro particolarità 
                    più innovativa, la possibilità di muoversi. 
                    Ciò inaugura un nuovo concetto di scultura, che non 
                    si basa più sulla composizione di masse e volumi, ma 
                    sull'idea di una forma leggera e docile immessa nello spazio.
 "Stabiles" è invece il termine coniato per 
                    Calder nel 1932 da Jean Arp in opposizione ai "Mobiles" 
                    , e viene adottato dall'artista per definire le sue sculture 
                    degli anni '60/'70, fragili astrazioni geometriche inamovibili 
                    e monumentali con la valenza urbanistica di sculture pubbliche 
                    site specific, pervase da una forte carica di vitalità 
                    che contagia l'ambiente circostante, costruite in lamiera 
                    di acciaio saldata, con coloriture di grande vivacità 
                    cromatica e di particolare impatto visivo.  E' una sorta di disegno tridimensionale, dove la terza dimensione 
                    è il movimento, il tempo, il caso, che mutano nello 
                    spazio sculture senza volume animate dal soffio dell'aria 
                    e dalla legge di gravità. La casualità del movimento e quindi del risultato 
                    estetico, anche se il realizzatore dell'opera è in 
                    grado, entro certi limiti, di controllare l'esito finale, 
                    può costituire di per sè una limitazione, tuttavia 
                    mi pare illuminante una frase di George Rickey, egli stesso 
                    realizzatore di opere mobili:"Il movimento è 
                      intrinseco come quello del grammofono o dell'aeroplano in 
                    volo; senza di esso, l'oggetto sarebbe un'altra cosa." Calder progetta le sue opere in modo da garantirne sia la 
                    mobilità che l'equilibrio, collegando le forme con 
                    sostegni metallici che sono anche vettori di energia, in grado 
                    di determinare, con le loro curvature ed i loro agganci, le 
                    traiettorie delle rotazioni, denunciando nel tempo una progressiva 
                    ricerca di complessità e quasi di monumentalità 
                    ad esprimere un concetto di accrescimento organicamente inteso. Con i suoi "Mobiles", nei quali vengono in luce le possibilità 
                    estetiche di materiali poveri ed industriali, con esiti sorprendentemente 
                    poetici, Calder ha inventato un mezzo despressione diretto 
                    e forte, di indiscussa valenza plastica, che concilia l'ironia 
                    verso un concetto di forma bloccato e tradizionale con la 
                    potenza suggestiva di un linguaggio primordiale non scisso 
                    da un certo humor, lasciando all'osservatore un margine di 
                    curiosità, di incertezza e di immaginazione nel quale 
                    va ricercata l'origine del fascino delle sue realizzazioni. |  |   
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                
                
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