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Federico Zandomeneghi , "A letto"
di Vilma Torselli
pubblicato il 29/06/2007
Un “impressionista veneziano” di respiro europeo, ponte artistico tra la tradizione veneta, la corrente macchiaiola toscana e l'impressionismo francese.
Federico Zandomeneghi (1841-1917) definito dal critico Enrico Piceni, suo grande estimatore, “impressionista veneziano” (era infatti nato a Venezia), è in realtà una figura di respiro europeo che non rinnega l’origine eminentemente coloristica della sua pittura, nel solco di una millenaria cultura visiva veneta che da sempre privilegia il cromatismo, tuttavia aprendosi ad influssi estranei ed eterogenei.

Scrive lo stesso Zandomeneghi: "…Fui iniziato all’arte…nello studio di mio padre e poi all’Accademia di Venezia e un po’ guardando intorno a me…": nel suo background culturale ci sono i macchiaioli toscani, la tradizione descrittiva dell’ottocento italiano attraverso il padre ed il nonno, scultori di impronta classicheggiante, e soprattutto la contaminazione degli impressionisti francesi, come dimostrano le assonanze con Degas, con Susanne Valadon e Toulouse-Lautrec, ed anche Manet, Pissaro ed altri artisti di Montmartre, dove Zandomeneghi si trasferisce poco più che trentenne nel dal 1874, restandovi fino alla morte.

Come per molti esponenti dell’impressionismo, per Zandomeneghi temi principali sono il paesaggio e, in prevalenza, la figura femminile costruita secondo il binomio forma-colore, senza preoccupazioni di tipo introspettivo-psicologico, privilegiando l'immediatezza espressiva, una donna dai tratti morbidi, sensuale, informale, colta in atteggiamenti di disarmante intimità, quotidiani e semplici, come in questo olio su tela, "A letto" del 1878, cm 60,5×74,5 oggi a Firenze alla Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti.
L'abbandono del sonno si esprime nell'andamento di linee morbide ed avvolgenti, il capo reclinato, i capelli sparsi sul cuscino, le lenzuola sofficemente scompigliate, la spalliera del letto ricurva, i decori della tappezzeria delicatamente arabescati e luccicanti della luce proveniente da una sorgente nascosta, tutto concorre ad un risultato di gradevole equilibrio e di calcolata armonia. Cromaticamente, predomina un abbagliante bianco animato da ombre leggere che definiscono i drappeggi della tela senza eccessivi contrasti luministici.
Come si nota, pur di matrice macchiaiola Zandomeneghi si allontana decisamente dal movimento italiano fondato su presupposti estetici puntati su precise differenze rispetto all'Impressionismo francese soprattutto proprio nella definizione chiaroscurale e nel contrasto luministico, caratteristiche che l'artista esclude ben presto dal suo lessico privilegiando la lezione impressionista, a differenza di quanto fanno i due macchiaioli-colleghi Boldini e De Nittis, anch'essi a Parigi nello stesso periodo.

Scrive l'artista: “…. la mia vita artistica fu una successione di infinite evoluzioni. Quanto alla tecnica – parola molto vaga – quella da me adottata è mia, tutta mia e non la presi in prestito da nessuno….”.

Zandomeneghi si identifica così come rappresentante di punta della circolarità della cultura pre-impressionista tra Francia ed Italia, pittore dalle mille sfumature capace di cogliere e mixare diverse tendenze in armoniosa e personale sintesi espressiva, ponte artistico tra la tradizione veneta e la corrente toscana prima, francese dopo.

Alla luce della sua personale poetica, non sorprende che Zandomeneghi per molti anni abbia svolto l’attività di disegnatore di figurini per le riviste di moda parigine, per necessità e mestiere, ma anche, sicuramente, per la possibilità che questa attività gli forniva per indagare un mondo, quello della donna, che interessava e stimolava la sua creatività.

E' spesso presente e palese il compiacimento dell'artista nello sfruttare con abilità i suoi punti di forza, dando vita ad una pittura di facile lettura, con una forte componente decorativistica, con alcune ripetitività e qualche stanchezza, con i segni evidenti di un consumato mestiere, specie nell’uso del pastello, una pittura che tuttavia va ben oltre il virtuosismo tecnico per divenire espressione di un vero talento e getta, con semplicità ma senza superficialità, uno sguardo profondo ed acuto, attento ed amorevole, benevolmente curioso sull’universo femminile.


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